La toga non fa l’avvocato, ci vuole molto di più

Tailleur, giacca e cravatta, longuette per le donne e camicia per gli uomini, 24 ore possibilmente in pelle e scarpe e accessori in pendant con lo stile serio e classico di un outfit da avvocato.

Basta entrare in un tribunale all’ora di punta per assistere ad una sfilata di abiti da lavoro, ma se l’abito non fa il monaco, anche la toga non fa l’avvocato. E se una mise elegante e sobria esprime professionalità ed autorevolezza, a fare di un avvocato un vero professionista non è il modo di vestire. O meglio, non soltanto quello.

Perché ci vuole più di un semplice blazer per le donne o un gessato per gli uomini, e l’accessorio richiesto non è di certo riconducibile ad una griff.

Ma qual è il miglior vestito che un avvocato deve indossare?

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Caratteristiche di un buon avvocato: i requisiti personali

Ciò che affascina dal mondo dell’avvocatura è, da un lato, l’intraprendenza e la voglia di sentirsi supereroi difendendo i più deboli dalle ingiustizie del mondo. Dall’altro è sicuramente la possibilità di dar sfoggio alla propria vanità indossando abiti da sogno delle marche più prestigiose.

D’altronde se non è un avvocato a vestire con tessuti ricercati e abiti dalla manifattura pregiata, chi potrebbe mai permettersi quello che la moda propone sulle passerelle del mondo?

La convinzione che l’avvocato sia un influencer di haute couture proviene sicuramente dalla televisione e dal cinema che ci propina l’immagine di un professionista attento in primis a ciò che indossa la mattina. In secundis a quello che è il suo lavoro.

Ma la realtà è un’altra e l’avvocato non è quello che sa abbinare scarpe, cintura e borsa in base ai colori di stagione.

L’avvocato è molto di più di quello che si vede esternamente ed è il frutto di un vestito sapientemente cucito da anni di lavoro su sé stessi. Spiccano quindi i requisiti personali che talvolta hanno valenza anche per emergere nel settore di riferimento: onestà, lealtà e dignità sono la combo perfetta di un avvocato moderno.

Fare l’avvocato significa, principalmente, essere onesti con i propri clienti prima ancora che con il mondo intero, perché l’obiettivo del professionista non è solamente quello di difendere anche una persona indifendibile. La difesa tante volte è una strategia che punta all’applicazione equa del diritto ed all’interpretazione giusta della legge.

Dice l’art. 10 del Codice Deontologico Forense che un avvocato deve adempiere fedelmente al mandato ricevuto, tutelando l’interesse della parte assistita e nel rispetto della Costituzione.

E poco prima lo stesso codice afferma che il professionista legale deve osservare i doveri di probità, di dignità e di decoro anche al di fuori dell’attività svolta. Si tratta di attributi che, se adeguatamente vestiti, calzano meglio di un paio di scarpe di ultima tendenza o di un orologio da qualche migliaio di euro.

La lealtà è quello che distingue un avvocato qualunque da un vero avvocato, posto che per lealtà si intende l’assoluta sincerità che il professionista deve avere nell’approccio verso gli altri.

Questo non significa rinunciare all’astuzia o alla scaltrezza (necessari in molte occasioni, dalle aule di tribunale alle riunioni con i propri avversari), quanto piuttosto evitare secondi fini che non siano quelli di difendere il proprio assistito.

L’idea di ottenere lauti guadagni dalla professione forense spesso potrebbe far perdere l’obiettivo principale per cui un giurista sceglie di diventare avvocato. E vendersi per raggiungere il maggior profitto significa screditare un comparto che esiste da millenni e la cui reputazione deve mantenersi salda per non perdere di attendibilità.

Il concetto di lealtà si lega con quello della dignità, un altro requisito, pardon, accessorio che un avvocato indossa quotidianamente. La dignità è il rispetto che il professionista ha verso la propria persona e verso il ruolo che ricopre nell’ambito della società.

Fare l’avvocato può sembrare semplice, ma non è una sfida a chi guadagna di più. O peggio, a chi riesce a vincere grazie alla furbizia ed ai sotterfugi.

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Caratteristiche di un buon avvocato: i requisiti caratteriali

Ciò che si impara sui banchi di giurisprudenza è che la professione dell’avvocato deve essere una missione: se uno studente non ha la stoffa (giusto per rimanere in tema) non diventerà mai un buon legale.

In effetti per diventare avvocato non basta solo avere un buon supporto economico per affrontare il praticantato e le spese dei primi anni di abilitazione: il buon avvocato deve avere coraggio, caparbietà e molta, molta pazienza.

Sono aspetti caratteriali che non tutti gli studenti posseggono e non tutti i professionisti migliorano nel corso degli anni. Ma se posseduti nella giusta misura possono davvero aiutare nel proprio lavoro.

Il coraggio è nei confronti dei clienti ancor prima di dimostrarlo nelle aule del tribunale: la consapevolezza di non sapere chi varcherà il proprio studio sconforta gran parte dei professionisti i quali, a malincuore (e per bisogni economici) assumono mandati non consoni alle aspettative.

Il cliente può essere colui che subisce un’ingiustizia, magari sul lavoro, da parte dello Stato o per mano di un’altra persona. Ma il cliente potrebbe essere soprattutto colui che “veste” i panni del carnefice e ha bisogno di una tutela adeguata affinché chi deciderà per lui lo farà nel modo più equo.

La stessa Costituzione impone che le pene siano rieducative e stabilisce che il colpevole è tale solo in presenza di condanna definitiva. Tutelare una persona responsabile di un fatto richiede tantissimo coraggio, e lo stesso coraggio ci vuole nel rifiutare un incarico non conforme ai propri principi morali. 

La caparbietà è richiesta nel portare a termine il proprio lavoro e nell’affrontare la quotidianità. Il lavoro di un avvocato, soprattutto nei primi tempi, non sempre offre soddisfazione, soprattutto a livello economico.

Alcuni dati statistici dimostrano che moltissimi professionisti abbandonano la carriera legale sconfortati dalle difficoltà che si incontrano nel percorso lavorativo: clienti morosi, burocrazia lenta, spese che prosciugano i guadagni e guadagni che sembrano non arrivare mai.

In qualsiasi lavoro le soddisfazioni arrivano solo se si possiede la testardaggine di perseguire i propri obiettivi, con la consapevolezza che il sacrificio e la rinuncia sono all’ordine del giorno. Solo un avvocato caparbio e con buone aspettative per il futuro potrà ottenere risultati positivi nel corso degli anni.

La pazienza non prescinde dalla caparbietà, e il lavoro dell’avvocato ha tanto da insegnare in termini di pazienza. La fila agli uffici della cancelleria potrebbe essere d’aiuto nell’affinare la dote della pazienza che ha come antagonista il cosiddetto “hic et nunc”, ossia il tutto e subito.

Se i risultati si vedono nel corso del tempo, quest’ultimo deve essere ottimizzato in altro modo, magari lavorando sulle proprie qualità per fornire servizi migliori. La pazienza non è l’avvocato seduto dietro ad una scrivania in attesa che qualcuno entri nel suo ufficio.

La pazienza è quell’avvocato che, in attesa di una sentenza, lavora nel frattempo in altri ambiti: studia, si aggiorna, cerca di acquisire nuove conoscenze da applicare sul campo ogni qualvolta ce ne sia l’opportunità.

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Le caratteristiche di un buon avvocato: i requisiti professionali

Il curriculum di un avvocato è sicuramente costellato di vittorie, collaborazioni importanti, riconoscimenti e, perché no, anche pubblicazioni. I libri e le riviste giuridiche pullulano di articoli redatti dai migliori professionisti che, grazie alle proprie conoscenze ed all’esperienza, offrono spunti utili per chi è ancora alle prime armi.

E sono proprio la competenza e l’esperienza che, assieme alla versatilità,vanno a qualificare un professionista: un avvocato non si dedica solo alla tutela giudiziale ma svolge un lavoro ben più ampio di quanto sembri.

Partiamo dalla competenza, un requisito essenziale che distingue gli avvocati fra loro. Oggi il professionista ha l’opportunità di specializzarsi in due fra i dieci settori individuati dal Decreto sulle Specializzazioni Forensi.

La specializzazione non è altro che un parere espresso dal Consiglio Nazionale Forense assieme al Consiglio di Stato, in merito alle competenze dimostrate dal professionista. L’esito favorevole consentirà ad un avvocato di essere specialista in un determinato comparto, ossia di essere in grado di fornire un’assistenza ad hoc qualora ce ne fosse bisogno.

Tutto ciò serve a garantire servizi sempre più personalizzati e dotati di elevata qualifica nei confronti di chi ne fa richiesta: se si pensa che oggi si può chiedere assistenza specifica anche nell’ambito dell’informatica è facile intuire come la professione forense stia cambiando. Ovviamente in meglio.

L’esperienza si costruisce giorno dopo giorno grazie alla tenacia di chi vuole imparare e lo fa mettendosi in gioco con il proprio lavoro. Ed allora l’avvocato si reinventa per diventare un professionista in grado di possedere diverse abilità.

I cacciatori di teste li chiamano skills, ma nella realtà non sono altro che attitudini acquisite ed affinate quando si lavora sul campo.

L’esperienza si acquisisce mettendo da parte la paura e imparando ad avere coraggio, anche nelle situazioni più improbabili: per tale ragione un professionista è disposto alle trasferte, alle collaborazioni, ad affrontare realtà spesse volte diverse fra loro ma unite dal settore in cui si intende specializzarsi. E l’esperienza conta molto per la reputazione del professionista non per farne vanto, ma per esserne tesoro nelle giuste occasioni.

La versatilità diventa necessaria nel momento in cui fare l’avvocato significa dover fronteggiare una crisi che non ha eguali ed una concorrenza combattuta a suon di parcelle ribassate e tariffari studiati per attirare le allodole. Ed allora il professionista cerca di reinventarsi nel rispetto delle normative del settore proponendosi come consulente per le imprese, docente o assistente nelle università, coach per i futuri avvocati, redattore sulle principali riviste giuridiche tutt’ora attive.

Ci si reinventa aprendo blog, scrivendo testi, cercando di farsi conoscere sul mercato presentandosi in maniera professionale a chi desidera un aiuto. Ci si reinventa con le consulenze online svolte tramite email e ci si reinventa con l’assistenza nella redazione di contratti per le aziende che operano nella vendita di beni e servizi.

La versatilità diventa quindi un modo per rivalutare una professione che non sempre garantisce soddisfazioni immediate, ma che potrebbe regalare molto sia alle persone che a sé stessi. Ed avere versatilità, competenza ed esperienza è molto più del possedere un curriculum forbito ma scevro di capacità trasversali.

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Caratteristiche di un buon avvocato: la reputazione

La toga è la veste indossata da avvocati e giudici nelle aule di un tribunale. Trasmette al pubblico autorevolezza, professionalità e senso del dovere. Chi indossa una toga si trasforma in principe del foro ed improvvisamente si ritrova ad avere nelle mani un potere smisurato sul destino delle persone.

Che sia un magistrato o un professionista legale, la toga ha un significato ben preciso che va al di là dell’orgoglio con cui essa dovrebbe essere indossata. Perché trattandosi di legge, quindi di diritto, ci si addentra in un settore dove l’imparzialità, la terzietà, la lealtà e la fiducia camminano di pari passo.

Ad essi si uniscono la condotta integerrima ed l’atteggiamento irreprensibile di chi varca le porte di una Corte.

Vestire una toga non è semplice perché chi la indossa deve rispecchiare i requisiti di integrità, dignità, indipendenza e correttezza richiesti dalla professione. Tutto questo ha un nome e si chiama “reputazione”, che si costruisce solo attraverso un lavoro fatto di rinunce e di sacrifici a quella che è la bella vita. 
Lo stesso codice deontologico raccomanda all’avvocato di salvaguardare la propria reputazione al di fuori dell’attività professionale e, prima ancora, durante il lavoro. E

d un avvocato che non si attiene ai doveri prescritti dal codice (quali, ad esempio, segretezza e riservatezza, diligenza, competenza, fedeltà) non ha alcun diritto nell’indossare con dignità una toga.

Certamente l’avvocato è, prima ancora che un professionista, un uomo in carne ed ossa soggetto alle debolezze tipiche di ogni essere vivente. Ma chi sceglie di indossare i panni dell’avvocato sa bene a cosa va incontro con questa decisione.

Tutto ciò non significa rinunciare alla vita per perseguire una carriera invidiabile, ma la scelta ha un’accezione ben più ampia di quanto possa sembrare. Essere avvocato non è altro che abbracciare dei valori che spesso non sono condivisi dalla gente comuni: si tratta di valori il più delle volte contrastati dallo stesso popolo che proclama giustizia ma non riconosce l’eguaglianza delle persone.

Optare per questi valori equivale a farli propri anche nella vita quotidiana, abbandonando quegli ideali morali e sociali acquisiti a scuola, con i propri affetti, con le simpatie politiche e, perché no, con l’esperienza.

Non è vero che fare l’avvocato vuol dire disconoscere sé stessi, anzi. Fare l’avvocato potrebbe avere aspetti positivi anche sul carattere e sulla personalità dell’individuo. Un soggetto che studia legge assume un atteggiamento più accorto e decisamente prevenuto che lo aiuterà ad affrontare gli ostacoli senza ricorrere ai secondi fini.

Ragion per cui chi indossa una toga deve meritare questa opportunità dimostrandone di esserne all’altezza prima ancora di esserne capace. In questo modo l’adagio la toga non fa l’avvocato diventerà soltanto un’eccezione alla regola principale.

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