Esecuzione obbligo di fare: come depositarlo con il redattore

Il processo civile telematico (noto nel gergo giuridico con l’acronimo PCT) ha avuto lo scopo di snellire le lungaggini giudiziarie usufruendo della tempestività tipica di internet.

Con la telematizzazione di alcune procedure, che attualmente possono avvenire utilizzando software accreditati dal Ministero della Giustizia, le file in cancelleria e i tempi di attesa per il deposito degli atti sono solo un lontano ricordo.

Grazie ad applicazioni ad hoc e ad una normativa sempre più attenta alle esigenze di avvocati e clienti, oggi procedere all’esecuzione dell’obbligo di fare, ex art. 612 cod. pro. civ. è molto più semplice.

Vediamo insieme come depositare un atto esecutivo con il redattore.

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Esecuzione obbligo di fare e processo civile telematico: cosa dice la legge?

L’art. 16 bis del D.L. n. 179/2012 al secondo comma recita: ”nei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell’atto con cui inizia l’esecuzione. […]”.

Da tale norma si evince un elemento fondamentale che va al di là di quanto è stato detto fino ad ora: il ricorso per l’esecuzione di un obbligo di fare o di non fare ex art. 612 del cod. pro. civ. deve essere presentato in formato cartaceo.

La modalità telematica è obbligatoria solo con i depositi successivi al ricorso di cui ex art. 612 cod. pro. civ. mentre il ricorso per la fissazione delle modalità che riguarderanno l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare (come concordano più avvocati nei vari blog del settore) segue le regole tradizionali del deposito in cancelleria.

A tal proposito sorgono numerosi problemi sollevati da professionisti competenti nei diversi fori italiani che si sono visti obbligati all’inoltro telematico del ricorso stesso.

Alcuni fanno riferimento ad alcuni fori che esplicitamente hanno previsto, mediante decreto, il deposito degli atti introduttivi in modalità telematica anche per l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare.

Altri lamentano l’inadeguatezza dei redattori in possesso per la compilazione e l’invio telematico degli atti introduttivi.

La disciplina a riguardo appare complessa, anche perché non esistono fonti normative esplicite che risolvono l’aporia.

A questo proposito viene in aiuto il Decreto Legge n. 132 del 2014 che, all’art. 18,enuclea i procedimenti di esecuzione forzata soggetti all’iscrizione a ruolo secondo le procedure telematiche.

Semplificando, dall’analisi della norma si evince che non sono procedimenti obbligati alla modalità telematica proprio quelli che hanno a che fare con l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare, il pignoramento delle navi e l’espropriazione delle quote sociali.

Ergo sembra che la situazione sia difficile da risolvere per una serie di ragioni:

  • alcuni fori ammettono esclusivamente l’inoltro telematico degli atti afferenti alle procedure esecutive (comprese quelle dell’obbligo di fare e non fare). L’avvocato si ritrova a dover seguire un iter non contemplato dalla normativa del settore.
  • i redattori utilizzati dai professionisti sono realizzati nel pieno rispetto delle specifiche tecniche delineate dal Ministero della Giustizia. A tal proposito sul Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia sono indicati i software accreditati per la redazione della busta telematica contenente gli atti processuali soggetti all’inoltro telematico. Questi software seguono passo passo le linee guida stabilite per legge e non contemplano in alcun modo l’esecuzione dell’obbligo di fare o non fare per la modalità telematica.

Quindi il professionista si ritrova con più di un problema, da una parte con la possibile inefficacia del deposito cartaceo di questa tipologia di esecuzione.

Dall’altro con l’assenza di strumentazioni che, se esistenti, svierebbero dalle specifiche tecniche riconosciute dal Ministero della Giustizia.

Cosa fare a proposito? Quali sono le regole da seguire? E quali gli atti che possono essere inoltrati successivamente al ricorso per l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare?

A quest’ultima domanda è possibile dare una risposta: la nota spese di cui ex art. 614 del cod. pro. civ. deve essere inviata telematicamente mediante la stesura di un ricorso per ingiunzione.

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Esecuzione obbligo di fare: come depositarlo con il redattore?

Fino a qui abbiamo constatato che qualora l’avvocato dovesse procedere all’esecuzione di un obbligo di fare mediante sistema telematico la procedura è inficiata da numerosi fattori.

Alcuni professionisti, ad esempio, hanno prospettato delle forzature con i software in loro possesso, utilizzando delle voci di registro che potrebbero essere simili al tipo di obbligo che si andrà ad attuare.

Un’esecuzione mobiliare sembrerebbe essere l’alternativa migliore, ma gli obblighi di fare e non fare sono ben diversi dal pignoramento mobiliare, immobiliare e presso terzi.

L’esecuzione di un obbligo di fare e non fare è delineata anche dagli artt. 2931 e ss del cod.civ.: in linea di massima si tratta di obbligazioni specifiche che richiedono la realizzazione di una prestazione particolare che non ammette (di solito) alternative.

Mentre con il pignoramento mobiliare una persona può ricorrere per recuperare dei debiti rivendendo all’asta dei beni, con l’esecuzione di un obbligo di fare e non fare si impone ad una parte un determinato comportamento.

L’infungibilità del comportamento non permette di considerare come simili l’obbligo di fare con l’esecuzione mobiliare.

Per tale ragione gran parte degli avvocati si ritrovano a dover capire come depositare il ricorso facendo affidamento al proprio redattore.

Alcuni redattori contemplano nella schermata l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare, ma non consentono di proseguire per il semplice motivo che l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare non prevede termini per l’iscrizione a ruolo, come avviene invece nei casi delle esecuzioni mobiliari e nell’eventuale decreto di ingiunzione per la nota spese.

Il provvedimento del giudice per l’esecuzione di un obbligo di fare o non fare ha carattere ordinatorio, viene emanato sotto forma di ordinanza e non è impugnabile dinnanzi alla Cassazione (tramite ricorso straordinario) se carente dei termini per l’iscrizione a ruolo.

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Processo civile telematico e la normativa del settore: cosa dice la legge a riguardo?

La digitalizzazione del processo civile telematico vede gli albori negli anni novanta, periodo in cui si affaccia l’ipotesi di rivoluzionare il sistema giudiziario mediante strumentazioni all’avanguardia. Si trattava di una semplice idea, messa a punto nel corso degli anni con numerosi interventi legislativi e test funzionali attuati agli inizi del nuovo millennio.

L’intero progetto ha impiegato diversi anni prima di diventare (non del tutto) definitivo e solo oggi, a distanza di oltre un ventennio è possibile misurare gli effetti del processo civile telematico.

La digitalizzazione del processo civile è avvenuta di pari passo alla telematizzazione della Pubblica Amministrazione.

Lo dimostrano le fonti normative che includono al loro interno non solo il processo civile telematico, ma soprattutto l’informatizzazione della PA.

La normativa a riguardo è costellata da numerose leggi, fra cui:

  • il Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123.
  • il Decreto Ministeriale n. 44 del 2011 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
  • il Decreto Legge n. 90 del 2014 che riguarda le misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.
  • il Decreto Legge n. 179 del 2012 e successive modifiche (fra cui le ultime nel 2016 e nel 2017) noto come ”decreto sviluppo”.

È proprio quest’ultimo quello che riscontra notevole importanza nel comparto del processo civile telematico poiché l’intera sezione VI del medesimo decreto è dedicata esclusivamente alla ”giustizia digitale”.

Per giustizia digitale il legislatore ha voluto intendere l’insieme dei servizi di deposito e di notifica degli atti realizzati dagli avvocati i quali, nel corso della loro attività, si vedono obbligati all’inoltro delle documentazioni esclusivamente per via telematica.

Se fino a qualche anno fa vigeva una facoltà per il professionista di scegliere fra la procedura tradizionale (quella eseguita in cancelleria, mediante atti cartacei) e la procedura telematizzata, attualmente il legislatore individua i casi in cui l’utilizzo dei sistemi informatici è obbligatorio.

E lo fa prevalentemente per le documentazioni che riguardano procedimenti civili, (contenziosi o di volontaria giurisdizione), esperiti dinnanzi al innanzi al tribunale ordinario a decorrere dalle cause intentate dopo il 30 giugno 2014.

Articolo fondamentale a cui ogni professionista attinge per il proprio lavoro è appunto il 16 bis del decreto 179/2012 che, sinteticamente indica gli atti il cui deposito in cancelleria deve avvenire con modalità telematica. Pena la nullità degli stessi.

Volendo semplificare, l’art. 16 bis contempla:

  • gli atti processuali ed i documenti delle parti precedentemente costituite.
  • gli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità
    giudiziaria.

Soggetti obbligati sono gli avvocati, ossia i difensori delle parti costituite che, ai sensi dell’art. 11 del DM n. 44/2011, devono inoltrare gli atti processuali in forma di documento informatico.

Secondo questa norma l’atto del processo in forma di documento informatico deve essere privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34 del medesimo decreto (l’art. invita il Ministero della Giustizia, la DigitPA e il Garante della Privacy alla pubblicazione delle specifiche tecniche sul portale dei servizi telematici).

Le informazioni strutturate sono in formato XML (eXtensible Markup Language), mentre per quanto concerne la nota di iscrizione a ruolo essa puo’ essere trasmessa per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale.

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Processo civile telematico e la normativa del settore: ulteriori chiarimenti

La normativa in materia di processo civile telematico sembra essere leggermente contorta per due motivazioni:

1. la prima riguarda tutti quei casi posti al di fuori dell’obbligatorietà di cui all’art. 16 bis appena menzionato. Se da un lato alcuni atti processuali sono telematici per legge con possibile nullità degli stessi qualora fossero presentati in formato cartaceo, dall’altro esistono atti per alcune tipologie processuali che non devono essere necessariamente presentati online. O meglio, solo il primo della serie di documenti riferiti al medesimo procedimento può essere o non può essere inviato per via telematica;

2. la seconda è afferente all’idoneità dell’atto ed al tipo di supporto da utilizzare affinché il documento sia accettato dalla cancelleria e sortisca gli stessi effetti tipici di un documento cartaceo. Partiamo proprio da questo punto per vedere quali sono le regole più importanti per la stesura e l’inoltro di un documento telematico.

L’art. 11 testé citato accetta i documenti privi di elementi attivi, ovverosia di elementi che possono in qualche modo rendere facile l’alterazione del documento da fonti esterne.

Sul significato di ”elementi attivi” si sono espressi numerosi giuristi e altrettante sono state le richieste di chiarimento sollevate al Ministero della Giustizia per capire quali siano gli elementi attivi vietati a priori dalla legge (non solo dall’art. 11 ma, anche, dall’art. 12 del D.M. 44/2011).

Ciò in quanto l’elemento attivo, qualora fosse presente, inficerebbe la validità dell’atto processuale andando ad aggirare in maniera fraudolenta tutte le regole del codice di procedura civile in tema di deposito e notifica dei documenti.

Dalle varie disquisizioni di giuristi, avvocati e dottori del diritto emerge che:

  • gli elementi attivi sono macro o campi modificabili che possono influire sulla sicurezza del sistema (ad esempio attraverso l’introduzione di virus) o alterare i valori di un documento con l’apertura dei file.
  • si considerano univocamente elementi attivi i collegamenti esterni (cosiddetti link) che rimandano a fonti non individuabili all’interno degli atti depositati o che potenzialmente potrebbero modificare il contenuto dell’atto.
  • sono ammessi le immagini allegate nel testo (un esempio potrebbe essere l’immagine di un marchio su cui verte un processo di concorrenza sleale).
  • sono ammessi i link interni, quelli che puntano su collegamenti ipertestuali creati dai tradizionali programmi di scrittura.
  • sono ammessi gli indirizzi email PEC riferiti al professionista.

Sugli elementi attivi esistono però differenti perplessità, talvolta addirittura sfociate in ricorsi giudiziari contro l’inammissibilità di alcuni documenti non accettati dalla cancelleria.

Poiché l’inoltro ed il deposito del documento avviene con sistemi automatici (il sistema generale, quello noto come Consolle Magistrato) che a priori segnalano se un documento è provvisto di elementi attivi, è accaduto che gli indirizzi email degli avvocati siano stati segnalati ”in rosso” e abbiano inficiato il deposito dei documenti.

A tal proposito sono presenti su internet piattaforme che consentono di verificare la presenza di elementi attivi prima ancora di inoltrare telematicamente il documento.

In questo modo il professionista ha la possibilità di modificare gli atti conformandoli a quanto stabilito dalla legge prevenendo ogni tipo di rifiuto da parte della cancelleria.