Come si ottiene la qualità di erede?

A differenza di altri sistemi giuridici (come in Francia, dove vige il principio della “saisine”), in Italia acquistare la qualità di erede non è una conseguenza automatica della morte del de cuius: al contrario, è necessario operare l’accettazione, una dichiarazione che permette al chiamato di acconsentire all’acquisto dei beni ereditari.

Ma, entrando in discorso, come si acquista la qualità di erede? Chi sono i legittimati alla successione? Come funziona il meccanismo successorio dal punto di vista dell’erede?

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Erede, l’apertura della successione

Il primo momento che segna l’avvio del procedimento successorio è l’apertura della successione: questa indica il momento in cui viene accertato che il patrimonio del defunto è rimasto privo del titolare e costituisce il presupposto necessario per l’acquisto della qualità di erede. La successione si apre esattamente quando viene accertata la morte del de cuius, nel luogo in cui questo aveva l’ultimo domicilio. 

Una volta avvenuta l’apertura della successione, la legge individua un meccanismo in forza del quale si procede all’individuazione dei successibili e cioè dei soggetti chiamati ad accettare l’eredità.

Tale designazione, definita propriamente vocazione, può avvenire o per testamento (cioè con il negozio che costituisce l’ultimo atto di volontà del de cuius) o, mancando questo, secondo le disposizioni che regolano la successione legittima o ab intestato.

È ben possibile che la vocatio testamentaria e ab intestato coesistano: ciò avviene quando il testamento contiene disposizioni parziali sul patrimonio, con la conseguenza che il restante viene devoluto secondo il meccanismo della successione legittima (in chiara deroga al principio romanistico “nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest”).

La delazione

Una volta individuati, secondo i meccanismi della successione testamentaria o di quella legittima, i chiamati all’eredità, questi ultimi vengono interessati dalla cd. “delazione”: quest’ultima non è altro che l’attribuzione, fondata sulla precedente vocazione, del diritto ad accettare l’eredità.

Dal punto di vista temporale è molto frequente che non esista differenza tra vocazione e delazione; tuttavia, i due concetti vanno tenuti distinti, dal momento che non è infrequente una scissione tra i due momenti.

La delazione può caratterizzarsi in diversi modi:

  • in alcuni casi è possibile l’individuazione di due successibili chiamati a succedere uno dopo la morte dell’altro, come avviene nel caso della sostituzione fedecommissaria: in questo caso si parla di delazione successiva o devoluzione.
  • in altre ipotesi tutti i successori vengono chiamati per l’intera eredità, in concorso con gli altri: nella delazione solidale la rinuncia di uno provoca l’accrescimento della quota ereditaria degli altri.
  • infine, è possibile che l’istituzione di erede avvenga in presenza di una condizione sospensiva o risolutiva: in questo caso si parla di delazione condizionata.

Occorre ribadire che la delazione successiva all’apertura della successione non costituisce ancora il momento in cui si acquista la qualità di erede, posto che questa avviene dopo l’accettazione.

Il principio è importante in tutti i casi in cui è ancora controversa la qualità di erede: ad esempio, se il chiamato all’eredità viene convenuto in un giudizio vertente su debiti che gravano sull’eredità, è onere dell’attore provare l’avvenuta assunzione della qualità di erede, a sua volta non presumibile sulla scorta della sola chiamata all’eredità.

Tuttavia, la legge, anche a tutela dei terzi che possono recare interessi sul patrimonio ereditario, prevede delle ipotesi in cui alla delazione automatica, con conseguente acquisto della qualità di erede. Ciò avviene:

  • quando il chiamato all’eredità nasconde o sottrae beni ereditari: in questo caso, la legge lo priva della facoltà di rinunziare all’eredità e lo considera erede puro e semplice anche in presenza di espressa rinunzia.
  • quando mancano altri successibili; secondo la legge, l’eredità è devoluta allo Stato: la successione dello Stato avviene senza la necessità di accettare e non ammette rinunzia.
  • inoltre, se il chiamato all’eredità è in possesso dei beni ereditari, è obbligato a fare l’inventario degli stessi entro tre mesi dall’apertura della successione; in mancanza, può ottenere una proroga di ulteriori tre mesi: se anche in questo caso non viene completato l’inventario, il chiamato è considerato erede puro e semplice.

Il diritto ad accettare l’eredità si prescrive nel termine di dieci anni, salvi i casi, espressamente disciplinati dalla legge, di accettazione tardiva. Chiaramente, il soggetto chiamato all’eredità ha diritto a rinunziare a quest’ultima: in questo caso, normalmente, egli perde il diritto ad accettare l’eredità in un momento successivo.

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Accertamento qualità erede

Come anticipato, nel nostro ordinamento l’acquisto della qualità di erede non è un effetto automatico dell’apertura della successione, ma richiede l’accettazione: quest’ultima è un diritto potestativo riconosciuto ad una determinata categoria di soggetti, ritenuti legittimati dalla legge o dal testamento.

In altri termini, il diritto ad accettare l’eredità è la facoltà riconosciuta al soggetto di poter acquistare l’eredità con la semplice dichiarazione di volerla accettare: è l’esercizio di questo diritto che trasforma il semplice chiamato all’eredità in erede.

Legittimati all’acquisto dell’eredità sono i soggetti individuati secondo il meccanismo prima descritto della delazione, cioè dell’offerta ad accettare il patrimonio ereditario secondo le disposizioni testamentarie o il meccanismo della successione legittima. Si è visto, tuttavia, che la delazione può subire delle vicende peculiari, come avviene nel caso della chiamata condizionata, della sostituzione ordinaria o fedecommissaria e della chiamata all’eredità di nascituri.

In particolare, quando la chiamata all’eredità concerne un soggetto non ancora attualmente legittimato, il momento che definisce la vocazione e la delazione subisce una scissione temporale: la vocazione avviene, per mezzo del testamento o della legge, all’apertura della successione, mentre la delazione è posticipata (a seconda dei casi, al momento in cui avviene la chiamata alternativa nel caso della sostituzione, quando si verifica la condizione o della nascita dell’erede).

In tutti questi casi si suole parlare di aspettativa di delazione: il diritto ad accettare l’eredità non è ancora attuale.

Tuttavia, la legge prevede una serie di poteri riconosciuti ai successibili potenziali, attraverso i quali reagire a possibili abusi degli altri chiamati o a rischi di diminuzione e alterazione del patrimonio verso il quale potranno operare l’accettazione ereditaria. In particolare, tra le facoltàriconosciute si possono annoverare:

  • il diritto a chiedere, al presidente del Tribunale del luogo in cui è avvenuta l’apertura della successione, l’apposizione dei sigilli e la loro rimozione.
  • la richiesta di formazione dell’inventario o di nominare un curatore per l’eredità giacente.
  • la richiesta di fissare un termine entro il quale il chiamato in via principale proceda o meno ad accettare l’eredità.

Gli altri legittimati all’accettazione

Oltre ai soggetti specificamente individuati dalla legge o dal testamento, il nostro ordinamento consente l’individuazione di altri legittimati all’accettazione dell’eredità. In questo caso, l’accettazione non viene operata dal soggetto che diventerà erede, ma da un altro: si assiste, cioè, ad una separazione tra colui che effettua l’accettazione e chi acquisterà la qualità di erede. Ciò può avvenire nei seguenti casi:

  • accettazione da parte del rappresentante legale.
  • accettazione da parte del rappresentante volontario.
  • accettazione tacita da parte del soggetto gerente in ipotesi di negotiorum gestio.
  • accettazione da parte del curatore fallimentare.

In particolare, nel primo caso abbiamo che il rappresentante legale di un soggetto in situazione di incapacità di intendere e di volere può, se a ciò autorizzato dal giudice, accettare l’eredità: ne deriva che erede diventerà il soggetto assistito e non il rappresentante.

Per quanto riguarda, invece, la rappresentanza volontaria, la giurisprudenza ritiene necessario che il rappresentante possegga una procura specifica o quanto meno contenente l’espressa indicazione del potere di accettare l’eredità, dal momento che questo atto è normalmente considerato di straordinaria amministrazione.

Si deve trattare di rappresentanza diretta, dal momento che il mandatario è tenuto a manifestare che l’accettazione avviene in nome e per conto del mandante: non è ammissibile, invece, la possibilità di accettare in nome proprio, ma per conto di altri.

Per quanto riguarda la negotiorum gestio, la giurisprudenza più recente ha stabilito che l’accettazione di eredità è ammissibile anche all’interno del meccanismo della gestione di affari, quando quest’ultima abbia riguardato beni ereditari e purché sia seguita dalla ratifica dell’operato del gestore da parte del soggetto gerito (il chiamato all’eredità che, in questo modo, assume la qualità di erede).

Infine, il curatore fallimentare, previa autorizzazione del giudice delegato, ha la possibilità di accettare l’eredità per cui è stato chiamato il fallito: ne consegue che quest’ultimo acquisterà la qualità di erede, sebbene i beni oggetto della successione graviteranno nel patrimonio fallimentare e non in quello personale del fallito.

Ipotesi dubbia è quella che concerne la possibilità che siano i creditori del chiamato ad accettare l’eredità, mediante l’esercizio di un’azione surrogatoria. Sul punto, un indirizzo esclude questa possibilità rilevando che la legge ammette, in favore dei creditori, unicamente il diritto ad impugnare la rinunzia all’eredità da parte del chiamato.

Secondo altra parte della dottrina, invece, questo meccanismo da solo farebbe rimanere i creditori senza tutela, posto che la scadenza del termine assegnato per l’accettazione fa perdere al chiamato il diritto ad accettare: ne consegue, quindi, che deve riconoscersi la possibilità di ottenere un’accettazione in via surrogatoria da parte dei creditori del chiamato all’eredità.

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Accettazione dell’eredità e acquisto della qualità di erede

Una volta individuati i soggetti che hanno diritto ad accettare l’eredità, è il momento di chiarire il contenuto di tale diritto. Come più volte ribadito, l’accettazione è l’atto di volontà con cui il legittimato dichiara di voler acquistare l’eredità: è questa dichiarazione che comporta l’acquisto della qualità di erede, che, peraltro, retroagisce al momento in cui si è aperta la successione.

In questo modo, la legge copre il possibile iato temporale esistente tra l’apertura della successione (momento in cui il patrimonio ereditario perde il suo titolare) e l’acquisto dell’eredità (momento in cui questa passa all’erede).

L’accettazione, in altri termini, è una dichiarazione di volontà (id est, un negozio) unilaterale; si tratta, inoltre, di un atto legittimo, nel senso che non ammette la sottoposizione a termine o a condizione, né revoca.

Tuttavia, l’accettazione può essere anche tacita: ciò significa che il chiamato all’eredità può acquistare la qualità di erede anche senza esprimere direttamente la propria volontà in tal senso.

È quanto avviene, tipicamente, nei casi in cui il vocato pone in essere atti dispositivi del patrimonio, comportandosi come se fosse erede: tali comportamenti concludenti possono essere vincolati ad una espressa accettazione da parte degli altri interessati mediante l’impiego dell’actio interrogatoria.

Come vedremo più avanti, l’accettazione può essere pura e semplice, oppure con beneficio d’inventario. Occupandoci per il momento esclusivamente della prima, quest’ultima comporta il subingresso del neo-erede in tutte le posizioni attive e passive relative al patrimonio del de cuius (si parla, in proposito, del meccanismo della “rappresentazione”).

Da ciò consegue che l’erede non ha bisogno di specificare i singoli beni o rapporti in cui intende subentrare, essendo tale ripartizione già resa esplicita dal de cuius in sede testamentaria, oppure regolata espressamente dalla legge nel caso della successione legittima.

Nei casi, prima accennati, in cui la delazione non è ancora divenuta attuale, ci si interroga sulla sorte dell’eventuale accettazione posta in essere dal chiamato in aspettativa. Secondo alcuni, l’atto in questione sarebbe privo di effetti almeno fino al momento in cui non si concretizza il diritto ad accettare.

Nel caso dei chiamati in subordine, ad esempio, la giurisprudenza ha sostenuto che l’accettazione preventiva rimane inefficace fino al momento in cui i chiamati in via prioritaria rinunciano o lasciano prescrivere il diritto ad accettare: da questo momento in poi, l’accettazione del chiamato in subordine diviene attuale e produce i suoi effetti.

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L’accettazione con beneficio d’inventario

Si tratta di una forma peculiare di acquisto della qualità di erede, che consegue ad un’accettazione i cui effetti e presupposti sono regolati dalla legge.

L’accettazione con beneficio di inventario è automatica per i soggetti incapaci, per le persone giuridiche, gli enti non riconosciuti e le ONLUS; tutti gli altri chiamati all’eredità che vogliano beneficiarne sono tenuti ad una dichiarazione esplicita: ne consegue che questa forma di accettazione può essere solo in forma espressa.

Anche in questo caso, l’accettazione produce l’acquisto dell’eredità e della qualità di erede. A differenza dell’accettazione pura e semplice, però, il beneficio d’inventario evita che si produca la confusione del patrimonio ereditario con quello dell’erede.

In altri termini, i due patrimoni restano separati agli occhi dei creditori, con la conseguenza che l’erede non può essere chiamato a rispondere, per i debiti gravanti sull’eredità, “ultra vires” e cioè attingendo anche al suo patrimonio personale.

Viceversa, il beneficio dell’inventario consiste proprio in ciò: mancando la confusione dei patrimoni, l’erede risponde dei debiti ereditari nei limiti del valore dei beni acquistati. Quindi, nel caso in cui il debito presentasse un valore superiore a quello dell’eredità, i creditori resterebbero insoddisfatti per la porzione rimanente.

Questa forma di accettazione avviene mediante una dichiarazione espressa ed è soggetta ad alcune formalità, come la redazione dell’inventario. Il de cuius non può limitare, con il testamento, la facoltà degli eredi di accettare con beneficio d’inventario: qualsiasi divieto in proposito, esplicito o implicito, è nullo.

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