L’ordinamento giuridico: cos’è? Quali sono le sue tipologie?

Nel tempo, il termine “ordinamento giuridico” ha acquisito vari significati.

C’è chi lo usa come sinonimo di legge, chi invece come l’intero apparato giurisprudenziale che ricomprende diritti, doveri, organi e istituzioni.

A prescindere dal suo effettivo significato, una cosa appare certa: “ordinamento giuridico” e “norma” sono due elementi indissolubilmente uniti fra loro.

Detto ciò, l’ordinamento giuridico è molto più di un sistema legislativo adottato in un Paese.

Esso rappresenta la storia, la cultura, i mos maiorum di una popolazione, nonché le concezioni etico sociali che si evolvono nel corso del tempo.

Studiare ed analizzare l’ordinamento giuridico di una nazione non significa altro che entrare nella logica di un popolo che, a seconda degli usi e dei costumi in un determinato periodo, può influenzare anche le scelte legislative di chi deve fare le leggi.

In Italia l’ordinamento giuridico ha una sua funzione e non tutti ne accettano l’esistenza. Basti pensare ai numerosi appelli, agli scioperi ma anche alla raccolta delle firme per promuovere o abrogare una legge.

Ma vediamo insieme cos’è e cosa si intende per ordinamento giuridico.

Cos’è realmente l’ordinamento giuridico?

Chi ha studiato giurisprudenza ricorderà senz’altro uno degli esami principali del percorso di studi: Filosofia del Diritto.

Inserito nel piano di studi del primo anno del corso di legge, Filosofia del Diritto ha il compito di analizzare, in maniera razionale – e, in alcuni casi, anche storica – quelli che sono i concetti chiave della giurisprudenza nazionale ed internazionale.

L’esame di per sé è bello, forse un tantino lungo, ma sicuramente contribuisce a capire cosa si intende per ordinamento giuridico.

Fra i principali autori analizzati spicca il famigerato Kelsen che, con la sua grundnorm – ovvero “norma fondamentale” – giustifica quello che è il complesso di norme positive generali e di norme individuali.

Queste norme sono legate l’una all’altra mediante una sorta di piramide rovesciata: alla base della stessa piramide risiede la norma fondamentale, quella che giustifica e conferisce validità a tutte le leggi.

Soffermarsi su una sola teoria sarebbe riduttivo, perché la Filosofia del Diritto offre differenti spunti per interpretare la nozione di ordinamento giuridico.

Infatti, secondo un altro filosofo, Santi Romano, vi è una forte identificazione fra organizzazioni sovrane e ordinamento giuridico.

In altre parole, il secondo non è rappresentato da una serie di norme (positive o individuali) come voleva Kelsen, ma diventa un tutt’uno con la società: laddove c’è società, c’è diritto e dove c’è diritto si trova indiscutibilmente una qualche società.

Infine, una terza teoria appare giusto menzionarla, perché nella realtà dei fatti essa non fa altro che integrare le ipotesi appena definite.

Secondo Alessandro Levi l’ordinamento giuridico è riconducibile all’insieme delle relazioni instaurate dai soggetti: la norma, qualsiasi essa sia, avrà il compito di reputare rilevante o irrilevante (ai fini giuridici) un determinato rapporto.

Questa teoria viene spesso introdotta nei libri di diritto privato, nella sezione in cui vengono analizzati i concetti chiave dell’ordinamento giuridico.

Quando si parla di rapporto giuridico si fanno differenti esempi per capire se un certo fatto (come ad esempio il respiro di una formica) sia degno di una certa rilevanza giuridica e gli esempi riportati serviranno a spiegare perché una certa azione sembra avere maggiore importanza rispetto ad un’altra.

Delle tre teorie nessuna è da escludere, come nessuna di esse può prevalere sulle altre.

Certo è che l’ordinamento giuridico include, talvolta in maniera esplicita (come per Kelsen), talaltra in maniera implicita (come per Romano) il concetto fondamentale di norma.

Oltre alla norma abbiamo notato che la società è un elemento essenziale e fondamentale del medesimo ordinamento, tant’è che l’inesistenza di una società non giustificherebbe l’esistenza di nessuna legge.

E senza una norma (che sia essa positiva, naturale, di diritto privato o diritto penale) una società non avrebbe ragion d’essere.

Come allo stesso modo una società priva di leggi diventerebbe una società caotica, senza regole, capace di generare confusione e di dar vita al fenomeno dell’homo homini lupus.: ciascun uomo rivendicherebbe il diritto di prevalere sugli altri.

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Tipologie di ordinamento giuridico

Sempre fra i banchi di giurisprudenza si studiano anche le tipologie di ordinamento giuridico per capire perché alcuni sistemi (o in alcuni Paesi) ci sono leggi che vengono emanate, rispettate ed interpretate in un certo modo rispetto ad altre.

Tralasciando i caratteri filosofici di ciascuna versione, fondamentale è sapere che:

1. Gli ordinamenti giuridici si dividono in originari e derivati

2. Gli ordinamenti giuridici sono generali e particolari

3. Gli ordinamenti giuridici possono essere statici o dinamici

Analizziamo ciascuna tipologia e cerchiamo di annetterla ad un esempio concreto.

Partiamo quindi dall’ordinamento giuridico originario considerando con ciò l’ordinamento principale, unico e sovrano tipico di un Paese.

L’ordinamento originario ha la caratteristica di essere un sistema giuridico non soggetto ad alcun altro sistema esterno e la sua esistenza si giustifica perché a sovraintenderlo è un organo istituzionale, generalmente riconosciuto come lo Stato.

In Italia lo Stato è un ordinamento giuridico originario, come lo è anche la Chiesa Cattolica così come stabilito dai Patti Lateranensi e dal Concordato.

Sia l’Italia che la Chiesa non sono sottoposte alla sovranità (ed al diritto) di un’altra istituzione, e lo dimostrano anche le norme di diritto comunitario, la cui importanza viene riconosciuta alla stregua del ruolo ricoperto dalla Costituzione (art. 117 Cost.).

Al contrario un ordinamento derivato giustifica la sua esistenza da un ordinamento originario, tanto che senza di questo le sue norme non avrebbero alcuna giustificazione.

Pensiamo agli enti territoriali (nello specifico alle Regioni ed ai Comuni) ed alla potestà legislativa esclusiva e concorrente riservata allo Stato (sempre art. 117 Cost.).

Anche l’Unione Europea è un ordinamento giuridico derivato poiché composto dall’accordo e dalla volontà di diversi Paesi del continente.

Diversa distinzione è quella che si frappone fra ordinamento giuridico generale e particolare.

Come ci insegna il diritto amministrativo, lo Stato (o qualsiasi ente pubblico) nasce con lo scopo di perseguire interessi pubblici e, nello specifico, interessi generali o collettivi.

Se da un lato appare difficile stabilire concretamente cosa significa interesse pubblico, dall’altro diventa più semplice sapere che laddove c’è una comunità, sicuramente ci sono una serie di interessi che accomunano ogni singola persona.

L’ordinamento giuridico generale persegue quindi un interesse comune a tutti e lo fa attraverso la tutela e la creazione di beni, rapporti e fattispecie tipiche di ogni individuo.

L’ordinamento particolare, al contrario, si concentra su specifiche categorie di diritti e ne delinea in maniera pedissequa aspetti, azioni, sanzioni, tempistiche.

L’ordinamento di una scuola è diverso dall’ordinamento riservato alle società per azioni, così come l’ordinamento di un Comune (pur derivando dall’ordinamento di una Regione) si differenzia dall’ordinamento internazionale.

Infine ci rimane da definire l’ordinamento giuridico statico in contrapposizione con quello dinamico, e per far ciò dobbiamo chiedere in prestito alcune nozioni filosofiche prendendole dal filosofo Kelsen.

L’ordinamento giuridico statico (come dice la parola stessa) è un insieme di norme la cui validità è logicamente deducibile da una norma di base (la grundnorm per Kelsen).

L’ordinamento dinamico permette invece la produzione di norme volta per volta, a cui si richiede la conformità ed il rispetto di quelli che sono i principi generali dell’ordinamento.

L’Italia ha una sua sorta di grundnorm, cioè la Costituzione, rigida nella sua modificabilità ma allo stesso tempo aperta ad ogni tipo di interpretazione.

Ed il Parlamento ha il compito di legiferare ogni qualvolta ce ne sia bisogno, ossia quando si riscontra un vuoto normativo, quando è necessario riconoscere nuovi diritti, quando cambiano i tempi e la popolazione vuole svecchiare un ordinamento giuridico riconosciuto obsoleto.

LEGGI ANCHE: La legge è uguale per tutti?

Ordinamento giuridico e fonti del diritto

Dall’analisi appena fatta si può dedurre che:

– L’ordinamento giuridico è composto da un organo sovrano (generalmente lo Stato), da una serie di norme e da una società che rispetta e fa appello alle stesse norme

– L’ordinamento giuridico ricomprende diverse fonti del diritto, che variano fra loro a seconda di chi le emette e in base alla comunità di riferimento

Soffermandoci sulle fonti è possibile affermare che il nostro ordinamento è composto da numerose leggi ciascuna delle quali regola un dato aspetto della vita dell’uomo, della comunità o dei beni giuridici tutelati dallo Stato.

Se all’apice abbiamo la Costituzione come fonte del diritto garantista, dall’altro tutte le norme attualmente in vigore sono l’una la derivazione dell’altra e ciascuna di esse trova ragione di esistere o in virtù di una legge, o perché riconducibile ad uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento.

Kelsen parlava di piramide rovesciata, l’ordinamento italiano si basa su una piramide la cui punta è rappresentata dalla Costituzione e dalle fonti costituzionali.

Al secondo livello poniamo le fonti primarie all’interno del quale sono racchiuse le leggi, gli atti aventi forza di legge, le leggi statali e regionali (secondo il principio di esclusività e di concorrenza), i decreti legge ed i decreti legislativi.

Al terzo posto si fanno derivare i regolamenti, quelli del Governo, delle Regioni, degli Enti Locali e territoriali, ma anche gli atti amministrativi e tutte quelle fonti la cui esistenza si basa sulla presenza di una legge di fonte secondaria.

All’ultimo posto abbiamo le consuetudini, giuridicamente non rilevanti se non fosse che, in alcuni ambiti, esse godono di una certa importanza.

Pensiamo all’interpretazione di un contratto che potrebbe avvenire secondo gli usi, ma anche ad un comportamento reiterato nel tempo e da più persone che, ad un certo punto, diventa degno di attenzione e cristallizzato all’interno di una norma.

Un esempio?

Le unioni civili, sancite dalla legge Cirinnà, che da consuetudine sono diventate degne di tutela grazie a numerose persone che ne hanno fatto prevalere la rilevanza.

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Diritto pubblico, privato e tributario

Uno Stato ha il dovere di legiferare diversi aspetti che accomunano una società.

Per farlo si avvale delle leggi ma ciascuna di esse assume rilevanza in uno specifico ambito.

Quando l’aspetto in questione riguarderà un interesse collettivo, la legge apparterrà ad una certa branca, ossia il diritto pubblico.

Se l’aspetto concerne i rapporti giuridici fra privati, la branca in questione sarà il diritto privato.

Nel momento in cui lo Stato si fa garante di un bene giuridico, tanto da individuare comportamenti illeciti e delittuosi, la legge apparterrà al diritto penale, mentre sarà di diritto internazionale qualora disciplinasse rapporti e convenzioni con Stati stranieri.

La principale differenza nel nostro ordinamento giuridico è quella fra diritto pubblico e diritto privato.

Se il primo viene fatto coincidere generalmente con il diritto amministrativo (ma anche con il diritto costituzionale, internazionale, ecc…), il secondo abbraccia invece settori differenti, fra cui il diritto civile (che riguarda i contratti, le obbligazioni ed alcuni negozi giuridici posti fra privati), il diritto commerciale (che ingloba le norme riservate alle imprese, alle professioni ed alle società), il diritto del lavoro, il diritto di famiglia.

Il diritto pubblico appartiene allo Stato, alle istituzioni, agli enti territoriali e a tutto ciò che riguarda l’interesse pubblico.

Il diritto privato, viceversa, considera i rapporti fra persone tanto da diventare peculiare per stabilire diritti, doveri, obblighi e responsabilità a seconda dei contesti.

Più che una differenza, quella del diritto penale è una questione a sé stante, perché l’intero discorso che se ne imposta non riguarda tanto i danni che subisce una vittima, ma il nesso causale esistente fra condotta del colpevole e bene giuridico tutelato dallo Stato.

Ne derivano quindi una serie di principi che da una parte proteggono l’imputato da sentenze ingiuste e non proporzionali al fatto commesso.

Dall’altra parte individuano ciò che è lecito da ciò che è illecito, affinché ogni individuo della società adotti comportamenti rispettosi e riguardosi verso gli altri consociati.

Il diritto tributario è complesso, contorto, continuamente modificato per essere adeguato all’economia di un periodo.

Le numerose norme che lo compongono vanno interpretata, studiate, adattate alla situazione nel concreto.

La linea di confine fra elusione ed evasione è molto labile, come lo è la nuova escapologia fiscale, ossia la ricerca di una strategia che permetta di pagare peno tasse.

O meglio, le giuste imposte.

Seguono quindi i vari diritti, quello canonico, l’ecclesiastico, il navale, il concorrenziale.

E poi il diritto processuale (civile, penale, amministrativo e tributario), il diritto comparato, il diritto europeo ed internazionale.

Ma a prescindere dai contesti, dalle fonti e dai principi una cosa appare certa: rispettare una legge è un dovere di tutti.

Solo così una società può definirsi evoluta, moderna e in grado di rispettare gli altri.

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