La legge è uguale per tutti?

Chiunque entra in un tribunale potrà notare la scritta “la legge è uguale per tutti”, ma è davvero così oppure vi sono delle eccezioni?

Deve essere così o una legge che non è in grado di valutare le differenze potrebbe diventare ingiusta?

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Uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale

Il principio di uguaglianza è tra i cardini del nostro ordinamento al punto da essere inserito nell’articolo 3 della Costituzione, questo stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge”, lo stesso sanziona le distinzioni basate su sesso, lingua, religione, razza, idee politiche, condizioni personali e sociali.

Questo principio viene anche definito di uguaglianza formale per distinguerlo dal secondo comma dello stesso articolo che stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona.

Questo secondo comma supporta il principio di uguaglianza sostanziale e promuove azioni positive volte a far in modo che le persone possano realmente avere pari opportunità.

Da questo importante principio deriva il monito presente in tutti i tribunali che dice che la legge è uguale per tutti, ma cosa vuol dire?

Se sei un avvocato sai bene che la prima cosa che ti hanno insegnato è che la legge è generale e astratta.

Cosa vuol dire?

La legge è generale perché non si riferisce a persone determinate, ovvero in una legge non si troverà mai scritto: il signor Mario Rossi non può superare gli 80 km orari. Una norma può essere diretta ad una categoria di persone, ad esempio si stabilisce che coloro che hanno superato i 50 anni di età devono sottoporsi alla rinnovo della patente ogni 5 anni, ma non individuare un modo specifico una o più persone a cui la stessa si riferisce.

La legge è astratta perché prevede una determinata situazione, fissa delle caratteristiche e poi quando si verifica il caso concreto sarà il giudice a dover individuare le norme da applicare. Ad esempio la legge stabilisce che chi cagiona ad altri un danno ingiusto deve risarcirlo.

Il comportamento sottostante può essere di diversa natura, infatti questa norma si applica nel caso in cui Tizio facendo cadere il vaso dei fiori danneggia il balcone del vicino, ma anche nel caso in cui Caio ha una perdita nel bagno e questa crea umidità al signore che abita al piano di sotto.

Si tratta di due casi completamente diversi in cui trova applicazione la stessa norma proprio perché la stessa ha solo astrattamente individuato il diritto al risarcimento dei danni quando si subisce la lesione di una propria posizione giuridica.

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Eccezioni al principio di uguaglianza

Nonostante la validità dei principi di generalità e astrattezza, può comunque capitare che le norme non siano applicabili in tutti i casi. Ovviamente questo non avviene per un capriccio del legislatore, ma perché si ritiene ci siano delle situazioni da proteggere.

Ad esempio la legge stabilisce che i minori di anni 14 nel caso in cui commettano un reato non possano essere sottoposti alle stesse pene previste per chi invece ha superato tale soglia di età e per i maggiorenni.

Questo avviene perché il legislatore ritiene che coloro che ancora non hanno compiuto 14 anni di età non sono in grado di comprendere a pieno le conseguenze dei loro gesti, d’altronde, siccome il nostro ordinamento è improntato al principio della rieducazione del condannato e reinserimento del tessuto sociale, sottoporre il minore ad un ambiente come il carcere con maggiorenni potrebbe interferire con il raggiungimento di tale obiettivo.

Di conseguenza diventa necessario proteggere il minore ed avviarlo ad un percorso di formazione e recupero adatto alla sua età. In questo caso un obiettivo di valore maggiore giustifica il trattamento diverso e quindi la non applicazione del principio che la legge è uguale per tutti.

Le norme inoltre non si applicano a coloro che manifestano una minorata capacità di intendere e di volere.

Il fatto che ci siano delle eccezioni alle leggi non vuol dire che la legge smetta di essere generale ed astratta perché comunque andando a sottrarre all’applicazione della disciplina delle categorie di persone e non soggetti specifici, i principi visti restano salvi.

L’assunto “la legge è uguale per tutti” resta quindi valido perché un altro principio generale da salvaguardare è che solo i casi simili devono essere trattati in modo simile, mentre casi diversi devono essere trattati in modo diverso per realizzare il principio di giustizia sostanziale e non formale.

Trattare un minore di 14 anni allo stesso modo di colui che ha già compiuto la maggiore età infatti crea una profonda disparità visto che si ipotizza un grado di maturità psico-fisica diverso.

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Leggi ad personam

Sicuramente qualche dubbio sulla generalità e l’astrattezza ti è venuto in riferimento ad alcune norme che sembrano essere ad personam, cioè scritte per una determinata persona. In Italia queste sono vietate. Nonostante ciò, può capitare che una norma sia scritta in maniera talmente dettagliata che sebbene non sia indicato il nome a cui si riferisce, siano facilmente individuabili uno o più soggetti a cui si applica.

In linea di massima però se non è contenuto il nome e il cognome la legge non si considera ad personam perché anche in futuro potrebbe verificarsi una determinata situazione e quindi la legge troverebbe applicazione. Ad esempio, la legge stabilisce che il Presidente della Repubblica non sia perseguibile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni.

Ora la stessa può essere applicata in modo specifico ad una persona per volta perché di fatto non ci sono mai due Presidenti della Repubblica in carica, ma la legge resta comunque astratta perché non individua un determinato soggetto come non perseguibile, ma tratta allo stesso modo tutti i soggetti che anche in futuro si troveranno nella stessa posizione, cioè ricopriranno la stessa carica.

Un altro caso riguarda l’immunità, anche in questo caso si può ritenere che ci sia una deroga al principio secondo il quale la legge è uguale per tutti.

In realtà si tratta di casi particolari in cui è necessario assicurare a soggetti che ricoprono ruoli di responsabilità l’esercizio delle loro funzioni. Le immunità possono essere di due tipi: relative che coprono solo determinati reati e assolute quando coprono tutti i reati.

Un esempio di immunità relativa è proprio quella prevista dall’ordinamento italiano per il Presidente della Repubblica che non risponde per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni. Lo stesso può essere perseguito per fatti che riguardano la vita privata, ad esempio è punibile se uccide la moglie, oltre che per alto tradimento e attentato alla Costituzione.

L’immunità in Italia non è però estesa ai parlamentari che non sono responsabili per le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, ma restano sottoposti comunque alla legge sebbene con delle limitazioni inerenti le loro funzioni, ad esempio possono essere tratti in arresto solo che colti in flagranza di reato, non possono essere sottoposti a intercettazioni, questo perché tali atti potrebbero interferire con il libero esercizio delle funzioni.

Dal punto di vista pratico sono in molti oggi a ritenere che la legge non sia uguale per tutti perché chi ha maggiori possibilità economiche riesce ad avere maggiori tutele, questo avviene perché spesso chi avrebbe bisogno di maggiori tutele in realtà non può permettersi le spese legali e quindi lascia correre per non rischiare ulteriori perdite economiche, mentre chi ha possibilità economiche non si pone tale problema e agisce sempre in tutela dei propri diritti.

A parte queste difficoltà pratiche che sono legate soprattutto al funzionamento del sistema welfare e del gratuito patrocinio riconosciuto ai non abbienti, dal punto di vista formale non si può dire che la legge non sia uguale per tutti.

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