Quando gli avvocati diventano psicologi

Chi pensa che l’avvocato sia solo un esperto di diritto, beh. Si sbaglia. O per lo meno ha ragione a metà. Perché un avvocato (che abbia o meno esperienza) può essere contemporaneamente psicologo, anche senza saperlo.

Ci sono professionisti legali che nel corso del tempo riescono ad intuire molto più di quello che un cliente è capace di esternare, ed alcuni saranno addirittura in grado di esercitare una certa influenza con chi avranno di fronte.

No, non si tratta di un episodio di The Mentalist, nè tanto meno di un’illusione magica studiata per stupire gli spettatori. Le capacità ”psicologiche” (se così vogliamo chiamarle) di un avvocato sono il frutto di tanta osservazione e di un’ottima capacità intuitiva.

Ed allora, quando succede che gli avvocati diventano pure psicologi?

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Avvocato psicologo, un ibrido della professione forense?

Nei corsi di giurisprudenza la psicologia non viene neanche contemplata fra le materie oggetto di studio. In alcuni Atenei si studia economia, mentre in altri la criminologia diventa materia opzionale per chi abbraccia questo settore.

Eppure la psicologia è una qualità acquisita dalla maggioranza degli studenti che si laureano in legge.

Come fanno? Semplicemente grazie al metodo di studio che adoperano fra i banchi universitari.

Le materie esaminate nei cinque anni di magistrale sono molteplici e gran parte di esse vengono rese semplificate grazie all’ausilio di case history.

I docenti più avveduti hanno l’accortezza di dedicare parte dei corsi all’analisi dei profili psicologici dei criminali, mentre altri fanno sì che gli studenti acquisiscano quella cognizione piena di analizzare chi hanno di fronte.

Il metodo di studio di uno studente di giurisprudenza è ben diverso da qualsiasi altro ragazzo iscritto in una diversa facoltà. Oltre alla logica ed alla memoria, lo studente di giurisprudenza deve imparare ad interpretare tutto ciò che gli passa fra le mani.

Può essere una norma di diritto civile o di diritto tributario, ma a prescindere dalla branca qualsiasi studente di legge deve cimentarsi con l’interpretazione. Quest’ultima serve per diverse finalità, ad esempio per evitare di imparare a memoria l’intero codice civile. Oppure per orientarsi in quella che è la legge italiana.

Se l’interpretazione è un processo da cui viene estrapolato il principio (o il senso) di una norma, la psicologia è l’interpretazione del comportamento e di quelle che sono le conseguenze dell’agire umano.

Una norma giuridica viene letta, osservata, affiancata alle teorie della dottrina e all’orientamento giurisprudenziale, viene interpretata per tirare fuori il principio nella sua più pura essenza.
Il modus operandi di una persona viene osservato ed analizzato nei diversi contesti per ottenere una risposta a quella che è la domanda più importante: ”Perché?”

Nell’ambito penale il comportamento umano ha una valenza assoluta, per due motivi fondamentali:

1. perché la capacità di intendere e di volere (l’elemento soggettivo, quindi il dolo e la colpa in tutti i loro gradi) può ribaltare l’esito di una sentenza.

2. perché chi commette un reato ha sempre un movente, anche qualora agisca per futili motivi.

E un avvocato che opera nel comparto penale ha più dimestichezza con quella che è la psicologia umana.

Capire cosa ha spinto Tizio ad agire in quel determinato modo significa interpretare un comportamento assieme alle circostanze. Nel caso in cui Tizio fosse difeso dall’avvocato Caio, Caio deve arrivare ad intuire se Tizio era in grado di intendere e di volere.

Una precisazione appare necessaria. L’avvocato ha sì delle capacità psicologiche, ma non si sostituisce a nessun esperto abilitato all’esercizio di questa professione.

L’avvocato non finge di essere psicologo e non firma alcun tipo di perizia. La psicologia serve all’avvocato per lavorare bene e con professionalità, evitando fraintendimenti e problemi con i propri clienti.

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Quando gli avvocati diventano psicologi

Gli avvocati diventano psicologi ogni qualvolta hanno a che fare con un cliente o con un avversario. Nel caso del cliente l’avvocato deve interpretare le esigenze di quest’ultimo e tradurle in quello che sarà il proprio lavoro.

Non si tratta solo di assecondare le richieste di chi vuole vincere a tutti i costi una causa, quanto piuttosto aiutare la persona a capire bene cosa vuole ottenere dall’assistenza professionale.
Gran parte dei clienti che fanno ricorso ad un avvocato pensano di trovare di fronte un legale simile più che altro ad un supereroe, dotato di poteri magici ed in grado di risolvere ogni tipo di problema.

E se qualcuno di questi clienti avesse torto, la speranza che si nutre è quella di poterla ”fare franca” con la legge.

Invece l’avvocato deve sì essere di parte (ciò che differenzia un legale da un giudice è proprio l’assenza di imparzialità), ma contemporaneamente deve aiutare il cliente nel definire bene gli obiettivi da raggiungere.

E per farlo un avvocato deve calarsi nei panni di uno psicologo e riuscire a condurre il cliente nella scelta del migliore obiettivo.

Detta così sembra semplice, ma quante persone danno dell’incapace ad un avvocato che fornisce consigli diversi da quelli che sono gli intenti della persona? Quanti professionisti sono stati insultati perché hanno utilizzato con i clienti la massima franchezza e la migliore trasparenza?

Sicuramente l’avvocato deve essere in grado di saper scegliere le parole adatte quando ha a che fare con un potenziale cliente.

L’ars oratoria non è da tutti, ma è pur vero che gran parte della gente vive perennemente con i paraocchi. Un legale deve avere quindi la capacità di saper consigliare la persona utilizzando tatto, sensibilità e la massima delicatezza.

Al giorno d’oggi è difficile essere delicati e sensibili nei confronti di chi è pronto a schernire la categoria: su internet non mancano le storie di chi, presumibilmente deluso da un avvocato, sputa sentenze sull’intero ordine professionale.

Eppure un avvocato, con sangue freddo e massima lucidità, deve fare in modo che con il cliente si instauri quel rapporto basato sulla fiducia.

Abbiamo detto che un avvocato è psicologo anche quando ha a che fare con i propri avversari. In questo caso la tattica della psicologia si trasforma, per alcuni, in una vera e propria manipolazione della controparte.

Spesso capita che, per ottenere l’adempimento ad un’obbligazione, si utilizzino delle espressioni che fanno leva sulla psicologia dell’avversario. Chiamarle minacce sarebbe troppo, ma diciamo che si tratta di escamotage ammessi dalla legge se effettuati in un certo modo.

In questo contesto la psicologia serve a prevenire conseguenze più importanti, come ad esempio ritrovarsi in un’aula di tribunale o essere processati da un giudice penale. Però hanno un effetto influente verso chi le riceve.

Il limite fra un semplice espediente ed una vera e propria manipolazione è sottile, perché basta poco per trasformare il primo in una minaccia.

E se il professionista utilizzasse delle minacce vere e proprie per raggiungere i propri obiettivi… beh. La psicologia sarà servita a ben poco per la professione dell’avvocato.

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A cosa serve la psicologia per un avvocato?

Psicologia e giurisprudenza sembrano essere due comparti distanti fra loro anni luce. A meno che non si chieda la fusione di entrambe in alcune circostanze.

Abbiamo parlato di criminologia, ma anche del diritto penale e dell’elemento psicologico nell’analisi di un reato. Eppure la psicologia non può prescindere dalla giurisprudenza e quest’ultima non può andare da sola senza la psicologia.

Il motivo? Perché la professione dell’avvocato è basata su principi che si possono attuare solo se si è dei bravi psicologi. Spieghiamoci meglio.

Per il Codice Deontologico Forense l’avvocato deve attenersi ad una serie di doveri soprattutto quando instaura un rapporto di assistenza con i propri clienti. Questi doveri si traducono in dovere di fedeltà, dovere di fiducia, dovere di diligenza, dovere di lealtà e di correttezza.

Se viene meno uno di questi doveri l’avvocato è costretto a risponderne dinnanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati che applicherà la sanzione disciplinare più giusta.

Tra tutti i doveri appena menzionati due meritano una particolare attenzione: il dovere di fedeltà ed il dovere di fiducia.

Con il dovere di fedeltà il codice intende l’adempimento fedele al mandato ricevuto dal proprio cliente svolgendo l’attività nell’interesse di quest’ultimo e rispettando il rilievo costituzionale e sociale della difesa.

Per dovere di fiducia il codice deontologico non indica un significato ben preciso e per darne una definizione è necessario appellarsi al vocabolario di italiano. La fiducia è una valutazione positiva che si ha verso gli altri, tanto da tradursi in atteggiamenti di stima e di sicurezza.

Una persona che infonde fiducia suscita un senso di tranquillità e di capacità nel risolvere una certa situazione. L’avvocato che instaura un rapporto di fiducia e di fedeltà con il proprio cliente sta dimostrando di essere all’altezza del mandato, oltre ad avere la competenza e l’esperienza adatta per quel tipo di problema.

La fiducia e la fedeltà si dimostrano in vari modi: attraverso la soddisfazione dei clienti che hanno avuto a che fare con il professionista, ma anche con la psicologia.

L’avvocato che si trova di fronte ad un potenziale cliente deve essere in grado di ostentare sicurezza e tranquillità, proprio facendo leva sulla psicologia. Non servono giri di parole o promesse di un certo tenore. Serve solo riuscire, attraverso il proprio atteggiamento, ad infondere fiducia nelle persone.

La fiducia è propedeutica alla fedeltà e quest’ultima non può prescindere dalla prima. Un avvocato che dimostra di essere fedele al mandato ispira allo stesso tempo fiducia in quel che fa.

Un avvocato di fiducia è un professionista di cui si ha la certezza assoluta che farà gli interessi del proprio assistito e non si rivelerà, invece, come una persona dalla doppia faccia.

Come infondere fiducia nelle persone? Sicuramente con la massima trasparenza tipica di qualsiasi professionista. A ciò si aggiunge un pizzico di ottimismo da instillare nel cliente oltre ad una buona dose di empatia. Difficile? Non troppo se si ha l’umiltà di capire i propri clienti.

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Cos’è la psicologia giuridica?

Diversa cosa è la psicologia giuridica, ossia la scienza che studia l’aspetto psicologico di chi si ritrova coinvolto in un processo.

A prescindere se la persona sia indagata, imputata, testimone, vittima, attore o convenuto, la psicologia giuridica offre un aiuto nell’ambito processuale facendo chiarezza su moltissimi aspetti.

La psicologia giuridica ha un ruolo fondamentale in alcuni ambiti mentre in altri assume una rilevanza marginale: a stabilirne l’importanza è il tipo di evento oggetto del processo.

La psicologia giuridica viene in aiuto sia nell’ambito civile che in quello penale. Un esempio per entrambi è stabilire la capacità di intendere e di volere e la capacità processuale.

Si ricorre alla psicologia giuridica nel momento in cui si richiede l’interdizione o l’inabilitazione di un soggetto in merito alle disposizioni patrimoniali.

La psicologia giuridica entra in gioco se si chiede una perizia tecnica (d’ufficio o di parte) per stabilire la capacità di un soggetto in determinate circostanze.

Nel comparto civile la psicologia giuridica è interpellata ogni qualvolta si ha a che fare con i minori (minori emancipati, separazione coniugale, adozione), ma soprattutto se l’attore fa richiesta di risarcimento per danni morali.

Il danno morale, di difficile inquadramento, può essere spiegato solo se si riesce a focalizzare bene l’entità del turbamento subito dalla vittima. Nel danno morale la psicologia giuridica deve fare in modo che il risarcimento sia legittimo e proporzionale all’offesa ricevuta, prevenendo le finalità lucrative di chi vuole guadagnare da una causa.

Nel comparto penale la psicologia giuridica ha una valenza maggiore perché può cambiare di molto l’esito di una sentenza: il riconoscere la presenza di una malattia psichica in capo ad un imputato può trasformare la galera in misura alternativa alla detenzione.

In alcuni tipi di reato, soprattutto quando coinvolgono minori, la psicologia diventa supporto per affrontare il processo. Un esempio è la circonvenzione di incapace, ma anche i reati sessuali come la pedofilia e la pedopornografia.

La psicologia giuridica aiuta anche a tracciare il profilo del colpevole in fase di indagine: dal modo in cui è stato compiuto il reato si può delineare una descrizione sommaria del possibile indagato. E in questo campo la psicologia giuridica ha aiutato molto nella risoluzione dei casi più complicati, proprio grazie all’aiuto offerto agli inquirenti.

Lo psicologo esperto di diritto non è un avvocato, non è un legale di parte che deve fare gli interessi della vittima. Nella psicologia giuridica l’esperto è un professionista abilitato, talvolta chiamato per una perizia di parte, tal’altra per una perizia d’ufficio.

In questo caso le regole da seguire sono quelle deontologiche della propria professione, a cui si aggiungono le norme sulle incompatibilità e sui conflitti di interesse.

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