La responsabilità dell’avvocato nella gestione della propria PEC

Il conseguimento della abilitazione all’esercizio della professione forense comporta, ai sensi dell’art. 16 del decreto-legge 185/2008 convertito in legge 2/2009, la necessità di munirsi di PEC, facendone richiesta agli organi abilitati, e l’obbligatorietà dell’uso della stessa.

L’avvocato deve comunicare al Consiglio dell’Ordine il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (o “analogo” indirizzo di posta elettronica) entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge 185/2008.

L’art. 125 c.p.c. I co. prescrive l’obbligo di indicare negli atti di parte, sin dal primo atto depositato con cui si dà avvio all’attività processuale, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio Ordine.

Pertanto è onere dell’avvocato la gestione della propria PEC, e dunque la consultazione anche più volte al giorno della casella PEC, o il munirsi di un sistema di rinvio e-mail che consenta la lettura in tempo reale della comunicazione e/o notifica da parte della cancelleria.

Il codice deontologico, infine, secondo la recente modifica intervenuta il 31/01/2014 (in attuazione della L. 247/2012) richiama il dovere di competenza professionale per cui l’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza. Cui si aggiunge la presunzione di competenza a svolgere quell’incarico professionale se accettato.

E’ evidente che da tale presunzione derivano le conseguenti responsabilità.

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Cos’è la PEC?

Con il DPR n. 68 dell’11 febbraio 2005 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 28 aprile 2005), la posta elettronica è diventata “certificata” (PEC), intendendo con tale termine “ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici”.

Con tale strumento si è potuto dare a un messaggio di posta elettronica, lo stesso valore legale di una tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento, fornendo così agli utenti la prova dell’invio e della consegna (o mancata consegna) dell’e-mail al destinatario.

Come funziona la PEC?

Il termine “Certificata” si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. Inoltre, in ogni avviso inviato dai gestori è inserito anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte.

I gestori certificano, quindi, con le proprie ricevute che il messaggio: è stato spedito, è stato consegnato (o non è stato consegnato), non è stato alterato.

In caso di smarrimento di una delle ricevute presenti nel sistema PEC è possibile disporre, presso i gestori del servizio, di una traccia informatica (hash) avente lo stesso valore legale in termini di invio e ricezione, per un periodo di trenta mesi, secondo quanto previsto dalle normative.

È bene precisare che, la posta elettronica certificata offre la garanzia della consegna del messaggio, ma non della sua lettura da parte del destinatario. Pertanto nulla è detto sul fatto che il destinatario abbia letto o meno il messaggio PEC, ma si hanno garanzie sull’avvenuto recapito. Ciò, in termini legali, è proprio come una raccomandata con ricevuta di ritorno, ma con in più la prova certa del contenuto.

Altra precisazione che merita di essere fatta è che la PEC ha valore legale, solo se la mail PEC viene inviata a un’altra mail PEC; se invece il destinatario è in possesso solo di posta elettronica di tipo ordinario, la PEC non avrà alcun valore probatorio.

Pertanto, nel circuito PEC vengono rilasciate tre ricevute ai fini della certificazione del messaggio di posta elettronica certificata:

  • di accettazione, che attesta l’avvenuto invio della mail dal gestore di posta elettronica certificata del mittente
  • di presa in carico, che attesta il passaggio di responsabilità tra due distinti gestori di posta certificata, mittente e destinatario. Questa ricevuta viene scambiata tra i due gestori e non viene percepita dagli utilizzatori del servizio
  • di avvenuta consegna, che attesta che il messaggio è giunto a buon fine e che il destinatario ne ha piena disponibilità nella sua casella

Tale meccanismo, permette anche di conoscere l’esito negativo della procedura. In tal caso esistono tre tipi di avvisi rilasciati dal sistema PEC:

  • di non accettazione (per virus o utilizzo di un mittente falso o utilizzo di destinatari in copia nascosta, vietati dalla PEC, o altri problemi)
  • di mancata consegna, che sarà inviata al mittente entro 24 ore
  • di rilevazione di virus informatici

LEGGI ANCHE: La rilevanza giuridica della Posta Elettronica Certificata

Notifica a mezzo PEC decreto ingiuntivo

La facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali è previsto dalla Legge 21 gennaio 1994, n. 53, che all’art. 1 stabilisce che “l’avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto a norma dell’articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, ovvero a mezzo della posta elettronica certificata salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente”.

L’utilizzo della posta elettronica certificata come mezzo per l’esecuzione delle notifiche, poi, è possibile grazie alla disciplina contenuta nel Decreto 3.4.2013 n. 48 recante “modifiche al D.M. n. 44/2011, concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Tale decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9.5.2013, ed è entrato in vigore dal 24 maggio 2013.

L’avvocato può eseguire la notificazione a mezzo della Posta Elettronica Certificata purché:

  1. sia in possesso di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata risultante dal ReGInde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici)
  2. sia già in possesso, ovviamente, di procura rilasciata dal cliente a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile
  3. sia in possesso di un dispositivo di firma digitale
  4. il destinatario sia a sua volta titolare di un indirizzo di PEC risultante pubblici elenchi quali lo stesso ReGInde, oppure dal Registro delle Imprese, INI-PEC.

La responsabilità dell’Avvocato: Corte di Cassazione sentenza n. 15070/2014

La Corte di Cassazione, Sezione I Lavoro, con sentenza n. 15070 del 13 marzo 2014 e depositata il 2 luglio, ha dichiarato che una volta ottenuta da parte dell’ufficio giudiziario interessato la prescritta abilitazione, ogni avvocato, dopo la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria PEC, nel senso che se non la apre ne risente le conseguenze.

Oggi la nuova figura del giurista informatico e dunque dell’avvocato ha necessità di munirsi di strumenti tecnologici che richiedono specifiche conoscenze e competenze.

La libera professione richiede una preparazione difficile da conseguire in maniera definitiva, in cui aumenta la flessibilità e l’attenzione costante all’aggiornamento e all’applicazione pratica. Infatti è ormai entrato a pieno regime il processo civile telematico (PTC) che ha iniziato ad operare, anche se tra dubbi e perplessità allo stato ancora non del tutto risolti.

La pronuncia della Suprema Corte riprende nella massima su riportata il tema classico della responsabilità dell’avvocato.

In ordine al riparto dell’onere probatorio, sarà il cliente, che assume di aver subito un danno, a dover fornire gli elementi di prova in ordine al fondamento dell’azione proposta: la difettosa o inadeguata prestazione professionale, l’esistenza del danno ed il rapporto di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale ed il danno (cfr. Cass. n. 16846/05, Cass. n. 12354/09); di contro il professionista dovrà dimostrare di avere eseguito e utilizzato gli strumenti a propria disposizione con perizia e diligenza, quella che nel caso di specie sembra essere mancata. Di particolare rilievo a tale proposito – come anche la sentenza segnala – è la gestione della PEC personale, divenuta strumento obbligatorio, tanto che va indicata nel primo atto introduttivo del processo e di cui l’avvocato deve munirsi, non appena consegue l’abilitazione.

Due i presupposti fondamentali su cui si basa la pronuncia della Suprema Corte dunque: da un lato la conseguita abilitazione dell’avvocato con la comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, attraverso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

Dall’altro la assunzione a partire da quel momento di responsabilità in capo al legale, sulla gestione della PEC, dell’uso o non uso dello strumento ed anche di qualsiasi forma di anomalia non segnalata ai servizi telematici per l’Avvocatura (ad es. lextel) che dovesse accompagnare la lettura, consegna e accettazione o apertura dei messaggi.

Il conseguimento della abilitazione all’esercizio della professione forense comporta, ai sensi dell’art. 16 del decreto-legge 185/2008 convertito in legge 2/2009, la necessità di munirsi di PEC, facendone richiesta agli organi abilitati, e l’obbligatorietà dell’uso della stessa.

L’avvocato deve comunicare al Consiglio dell’Ordine il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (o “analogo” indirizzo di posta elettronica) entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge 185/2008.

L’art. 125 c.p.c. I co. prescrive l’obbligo di indicare negli atti di parte, sin dal primo atto depositato con cui si dà avvio all’attività processuale, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio Ordine.

Pertanto è onere dell’avvocato la gestione della propria PEC, e dunque la consultazione anche più volte al giorno della casella PEC, o il munirsi di un sistema di rinvio e-mail che consenta la lettura in tempo reale della comunicazione e/o notifica da parte della cancelleria.

Il codice deontologico, infine, secondo la recente modifica intervenuta il 31/01/2014 (in attuazione della L. 247/2012) richiama il dovere di competenza professionale per cui l’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza. Cui si aggiunge la presunzione di competenza a svolgere quell’incarico professionale se accettato.

E’ evidente che da tale presunzione derivano le conseguenti responsabilità.

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Cos’è la PEC?

Con il DPR n. 68 dell’11 febbraio 2005 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 28 aprile 2005), la posta elettronica è diventata “certificata” (PEC), intendendo con tale termine “ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici”.

Con tale strumento si è potuto dare a un messaggio di posta elettronica, lo stesso valore legale di una tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento, fornendo così agli utenti la prova dell’invio e della consegna (o mancata consegna) dell’e-mail al destinatario.

Come funziona la PEC?

Il termine “Certificata” si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. Inoltre, in ogni avviso inviato dai gestori è inserito anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte.

I gestori certificano, quindi, con le proprie ricevute che il messaggio: è stato spedito, è stato consegnato (o non è stato consegnato), non è stato alterato.

In caso di smarrimento di una delle ricevute presenti nel sistema PEC è possibile disporre, presso i gestori del servizio, di una traccia informatica (hash) avente lo stesso valore legale in termini di invio e ricezione, per un periodo di trenta mesi, secondo quanto previsto dalle normative.

È bene precisare che, la posta elettronica certificata offre la garanzia della consegna del messaggio, ma non della sua lettura da parte del destinatario. Pertanto nulla è detto sul fatto che il destinatario abbia letto o meno il messaggio PEC, ma si hanno garanzie sull’avvenuto recapito. Ciò, in termini legali, è proprio come una raccomandata con ricevuta di ritorno, ma con in più la prova certa del contenuto.

Altra precisazione che merita di essere fatta è che la PEC ha valore legale, solo se la mail PEC viene inviata a un’altra mail PEC; se invece il destinatario è in possesso solo di posta elettronica di tipo ordinario, la PEC non avrà alcun valore probatorio.

Pertanto, nel circuito PEC vengono rilasciate tre ricevute ai fini della certificazione del messaggio di posta elettronica certificata:

  • di accettazione, che attesta l’avvenuto invio della mail dal gestore di posta elettronica certificata del mittente
  • di presa in carico, che attesta il passaggio di responsabilità tra due distinti gestori di posta certificata, mittente e destinatario. Questa ricevuta viene scambiata tra i due gestori e non viene percepita dagli utilizzatori del servizio
  • di avvenuta consegna, che attesta che il messaggio è giunto a buon fine e che il destinatario ne ha piena disponibilità nella sua casella

Tale meccanismo, permette anche di conoscere l’esito negativo della procedura. In tal caso esistono tre tipi di avvisi rilasciati dal sistema PEC:

  • di non accettazione (per virus o utilizzo di un mittente falso o utilizzo di destinatari in copia nascosta, vietati dalla PEC, o altri problemi)
  • di mancata consegna, che sarà inviata al mittente entro 24 ore
  • di rilevazione di virus informatici

LEGGI ANCHE: La rilevanza giuridica della Posta Elettronica Certificata

Notifica a mezzo PEC decreto ingiuntivo

La facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali è previsto dalla Legge 21 gennaio 1994, n. 53, che all’art. 1 stabilisce che “l’avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto a norma dell’articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, ovvero a mezzo della posta elettronica certificata salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente”.

L’utilizzo della posta elettronica certificata come mezzo per l’esecuzione delle notifiche, poi, è possibile grazie alla disciplina contenuta nel Decreto 3.4.2013 n. 48 recante “modifiche al D.M. n. 44/2011, concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Tale decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9.5.2013, ed è entrato in vigore dal 24 maggio 2013.

L’avvocato può eseguire la notificazione a mezzo della Posta Elettronica Certificata purché:

  1. sia in possesso di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata risultante dal ReGInde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici)
  2. sia già in possesso, ovviamente, di procura rilasciata dal cliente a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile
  3. sia in possesso di un dispositivo di firma digitale
  4. il destinatario sia a sua volta titolare di un indirizzo di PEC risultante pubblici elenchi quali lo stesso ReGInde, oppure dal Registro delle Imprese, INI-PEC.

La responsabilità dell’Avvocato: Corte di Cassazione sentenza n. 15070/2014

La Corte di Cassazione, Sezione I Lavoro, con sentenza n. 15070 del 13 marzo 2014 e depositata il 2 luglio, ha dichiarato che una volta ottenuta da parte dell’ufficio giudiziario interessato la prescritta abilitazione, ogni avvocato, dopo la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria PEC, nel senso che se non la apre ne risente le conseguenze.

Oggi la nuova figura del giurista informatico e dunque dell’avvocato ha necessità di munirsi di strumenti tecnologici che richiedono specifiche conoscenze e competenze.

La libera professione richiede una preparazione difficile da conseguire in maniera definitiva, in cui aumenta la flessibilità e l’attenzione costante all’aggiornamento e all’applicazione pratica. Infatti è ormai entrato a pieno regime il processo civile telematico (PTC) che ha iniziato ad operare, anche se tra dubbi e perplessità allo stato ancora non del tutto risolti.

La pronuncia della Suprema Corte riprende nella massima su riportata il tema classico della responsabilità dell’avvocato.

In ordine al riparto dell’onere probatorio, sarà il cliente, che assume di aver subito un danno, a dover fornire gli elementi di prova in ordine al fondamento dell’azione proposta: la difettosa o inadeguata prestazione professionale, l’esistenza del danno ed il rapporto di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale ed il danno (cfr. Cass. n. 16846/05, Cass. n. 12354/09); di contro il professionista dovrà dimostrare di avere eseguito e utilizzato gli strumenti a propria disposizione con perizia e diligenza, quella che nel caso di specie sembra essere mancata. Di particolare rilievo a tale proposito – come anche la sentenza segnala – è la gestione della PEC personale, divenuta strumento obbligatorio, tanto che va indicata nel primo atto introduttivo del processo e di cui l’avvocato deve munirsi, non appena consegue l’abilitazione.

Due i presupposti fondamentali su cui si basa la pronuncia della Suprema Corte dunque: da un lato la conseguita abilitazione dell’avvocato con la comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, attraverso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

Dall’altro la assunzione a partire da quel momento di responsabilità in capo al legale, sulla gestione della PEC, dell’uso o non uso dello strumento ed anche di qualsiasi forma di anomalia non segnalata ai servizi telematici per l’Avvocatura (ad es. lextel) che dovesse accompagnare la lettura, consegna e accettazione o apertura dei messaggi.

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