L’Intelligenza Artificiale aiuterà la professione forense

Non possiamo fare a meno dell’intelligenza artificiale, presente oramai in diversi ambiti. Le nostre auto si parcheggiano da sole, abbiamo app che agevolano parte del nostro lavoro, gli elettrodomestici sono clever e ci comunicano direttamente come svolgere una mansione.

Anche nel mondo del diritto si sta affacciando la possibilità di utilizzare in maniera versatile l’intelligenza artificiale.

Se da un lato l’uso di algoritmi e formule matematiche potrebbe snellire l’attività di avvocati e giudici, dall’altro si pone il problema della fallibilità dei sistemi informatici in riferimento alla tutela dei diritti dell’uomo.

In un sistema di civil law, come il nostro, l’intelligenza artificiale eliminerà la professione forense? O meglio ancora, riuscirà a garantire il principio secondo cui ”la legge è uguale per tutti”?

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Intelligenza artificiale e diritto: quali sono gli scenari odierni?

L’intelligenza artificiale trova applicazione in diversi ambiti come la scienza, la medicina, la biologia, l’ingegneria. E non manca chi ha prospettato un utilizzo alternativo anche nel mondo del diritto.

In effetti avvalersi di sistemi informatici innovativi ed in grado di interagire con l’uomo potrebbe rivelarsi una soluzione ottimale per affrontare il problema delle lungaggini giudiziarie.

I processi potrebbero essere più veloci, preparare un atto giudiziario diventerebbe un gioco da ragazzi, il lavoro dell’avvocato potrebbe essere proficuo e garantire maggiore produttività.

Ma prima di capire quali sono gli scenari odierni in tema di diritto, cerchiamo di vedere cosa si intende effettivamente per ”intelligenza artificiale”.

L’intelligenza artificiale (acronimo IA) è più una disciplina che una tecnica o un metodo, adoperata per studiare i processi mentali e riprodurli attraverso l’uso di un computer.

La definizione, in realtà, è molto più complessa perché il risultato degli studi ha come esito la progettazione di software in grado di copiare prestazioni e meccanismi tipici dell’uomo.

Attraverso simulazioni, a loro volta programmate mediante algoritmi, una macchina (che sia essa un robot, un pc, un device) riesce a simulare azioni umane in un determinato contesto.

Pensa alla guida autonoma di cui molte macchine saranno dotate nel prossimo futuro: un veicolo guiderà, rallenterà, rispetterà la segnaletica stradale allo stesso modo di un conducente fornito di patente di guida.

Se il successo dell’intelligenza artificiale può essere constatato in diversi ambiti (un esempio fra tutti è il comparto della chirurgia), alcuni prospettano l’applicazione di software e meccanismi informatici anche nel mondo del diritto.

Lo scopo? Riuscire a garantire una giustizia sempre più equa ed in grado di essere efficiente sotto ogni punto di vista. Una giustizia più giusta (si passi il termine) migliorerebbe i rapporti sociali e potrebbe addirittura assicurare la certezza del diritto.

Una chimera visto che la giustizia odierna è soggetta ad errori umani, a interpretazioni sempre più trasversali rispetto all’effettiva ratio di una disposizione legislativa.

Attualmente l’intelligenza artificiale nell’ambito legale ha già trovato terreno fertile in alcuni settori, come quello della redazione automatizzata di contratti ed atti giuridici.

In poche parole basta inserire il tipo di documento, completarlo con i relativi termini ed ottenere in brevissimo tempo un atto con valore legale conforme alla legge e fornito di tutti gli elementi essenziali validi per disciplinare un certo rapporto.

Immagina la possibilità di produrre in poco tempo un contratto per un cliente, dotato di clausole e in linea con la normativa del settore. Oltre a risparmiare tempo nello studio delle leggi vigenti, avresti in mano un documento personalizzato a tutela del tuo assistito.

Oltre ai software redazionali, alcune start up hanno messo in piedi programmi capaci di prevedere l’esito di un processo con un margine di esattezza che supera l’80%. Inserendo dati che riguardano il tipo di causa e le circostanze con cui l’evento si è realizzato il software è in grado di prospettare l’esito giuridico molto più di quanto potrebbe farlo un avvocato con la propria esperienza.

Ok, si tratta di un sistema informatico che viaggia su algoritmi e formule matematiche comprensibili a chiunque, ma se fino ad ora l’intelligenza artificiale si è trovata in una fase sperimentale, nulla toglie che venga applicata al caso concreto.

Ed allora, cosa succederà alla professione forense?

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Intelligenza artificiale e ambiti di applicazione: la giustizia predittiva

L’intelligenza artificiale nel settore legale potrebbe essere applicata su diversi fronti che spaziano dall’ambito decisionale per giungere a quello della ricerca, passando appunto dal supporto redazionale per atti e documenti giuridici.

I tre comparti appena menzionati dovrebbero sfruttare principi informatici come l’uso di algoritmi, di funzioni matematiche e di regole applicate in qualsiasi altra branca in cui l’intelligenza artificiale trova applicazione.

Quello che è normativa verrebbe ridotto a numeri, formule ed equazioni, sistemi e matrici il cui calcolo immediato dovrebbe garantire un risultato il più possibile esatto.

Volendo fare un esempio, la IA in diritto sfrutta quello che dice la legge e quello che è l’orientamento giurisprudenziale per predire l’esito di una causa in corso.

Il software dovrebbe contenere quindi la legislazione in un determinato momento storico con tutto quello che ne segue in termini di abrogazioni, deroghe e principi interpretativi.

Aggiungendo l’orientamento dei giudici in riferimento ad uno specifico tema, il software elaborerebbe i dati inseriti dall’utente utilizzando le informazioni in suo possesso. Il risultato dovrebbe essere una previsione il più possibile vicina a quella che sarà la realtà.

Gli esperti del settore utilizzano esempi semplici per far capire il meccanismo di funzionamento dell’intelligenza artificiale. Basterebbe poco per intendere che un software ricco di informazioni potrebbe avere un impiego molto utile nell’ambito giuridico.

E fra le varie ipotesi emerge la cosiddetta ”giustizia predittiva”, una possibilità non troppo chimerica per chi lavora nell’ambito legale.

Per giustizia predittiva si intende proprio la capacità di predire una sentenza mediante l’uso di formule ed algoritmi, con una precisione maggiore rispetto all’esperienza di un avvocato. E a dimostrare l’attendibilità del software è stata una vera e propria competizione messa in atto da una start up produttrice di un software di intelligenza artificiale.

La gara in questione vedeva la probabile risoluzione di alcuni casi prospettata sia dal programma informatico, sia da un campione di avvocati, Il risultato ha visto la vittoria del software che ha previsto gli esiti delle cause con una precisione dell’86,6% rispetto a quanto avevano predetto gli avvocati, il cui risultato si è fermato al 62,3%.

In altre parole un computer è riuscito ad indovinare con maggiore esattezza una sentenza non ancora pronunciata rispetto ad un avvocato che, seppur fornito di conoscenze e di esperienze lavorative, ha indovinato poco più della metà delle cause prese ad esempio.

Dove sta il tranello? Nel semplice fatto che il software non si è fermato solo all’analisi degli elementi legali (interpretazione della legge), quanto piuttosto ha abbracciato fattori più circostanziati, che hanno sconfinato proprio l’ambito legale.

Esistono infatti elementi che potrebbero influenzare una sentenza nonostante la legge stabilisca un determinato principio. E un avvocato sa bene che se una norma dice A l’esito giuridico dovrebbe essere A, ma sa altrettanto bene che esistono circostanze in cui non sempre la decisione di un giudice corrisponde a quanto dice letteralmente la legge.

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Intelligenza Artificiale e diritto: pro e contro

L’esperimento e l’iniziale utilizzo dell’intelligenza artificiale è avvenuto nei sistemi di commn low ove il precedente giudiziario ha un’importanza maggiore rispetto alle leggi ed alle normative.

Nei sistemi di civil law l’applicazione dell’intelligenza artificiale potrebbe non avere riscontro favorevole, per una serie di motivazioni:

  • principio della terzietà e dell’imparzialità del giudice.
  • precostituzione naturale di un giudice per legge.
  • divieto di interpretazione analogica nel diritto penale.
  • il principio del favor rei sempre nel diritto penale.

Ma per gli stessi principi è possibile individuare tesi favorevoli all’applicazione dell’intelligenza artificiale nel diritto italiano.

Un esempio fra tutti è il principio di eguaglianza che impone ai professionisti del diritto (giudici, magistrati, avvocati) di trattare in maniera uguale situazioni uguali. E quindi in maniera differente situazioni che presentano elementi distanti fra loro.

In termini matematici il principio può essere tradotto in formule semplici e dar vita a programmi informatici utili a predire l’esito di una causa.

Ad avallare la test a favore dell’intelligenza artificiale nei processi italiani è l’art. 12 delle preleggi del codice civile che individua le tecniche di interpretazione di una norma.

Si va dal senso letterale per giungere ai principi generali, il tutto tenendo in considerazione la volontà del legislatore.

Ed è proprio l’interpretazione letterale di un articolo a fungere da garanzia nella predizione degli esiti processuali, poiché la definizione che se ne trarrebbe non dovrebbe essere influenzata da elementi soggettivi.

Alcune fonti (Treccani) individuano in numerose disposizioni di legge un fondamento legislativo sulla giustizia predittiva.

Un esempio potrebbe essere l’art. 56 cod. pen. in merito ai delitti tentati in cui ad emergere è la volontà del reo nell’eseguire una condotta criminosa. Questa volontà, assieme alla mancata realizzazione dell’evento, fornisce un indizio utile circa una possibile sentenza che si fonderebbe sulla volontarietà dell’atto stroncata da un elemento esterno che non ne ha consentito il completamento.

Esito della sentenza? Colpevolezza del reo.

Anche l’art. 348 bis cod. pro. civ. fornisce indicazioni utili circa la giustizia predittiva: un ricorso in appello è ammissibile se esiste la ragionevole probabilità di essere accolto dal giudice. E la ragionevole probabilità non è altro che una prospettazione proiettata nel futuro.

Le norme in questione non parlano di intelligenza artificiale, della possibilità di utilizzare sistemi informatici per stabilire se una persona sia o meno colpevole.

Le norme analizzate ci dicono che la presenza di alcuni elementi favorisce un certo esito della situazione, che sia esso l’inammissibilità dell’appello, la colpevolezza per delitto tentato, l’interpretazione analogica di una legge.

Traducendo questi principi in formule matematiche ed applicandoli all’intelligenza artificiale si potrebbero ottenere algoritmi tali da predire l’esito di una causa.

Sicuramente gli algoritmi in questione saranno complessi, e dovranno tener conto delle 150 mila leggi presenti in Italia, a cui si aggiunge una giurisprudenza che spesso cambia orientamento anche repentinamente.

Ma se l’aspetto positivo sarà una giustizia certa e celere, varrà davvero la pena applicare da noi l’intelligenza artificiale?

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L’intelligenza artificiale eliminerà la professione forense?

No. Non può eliminare la professione forense. Semmai avrà la funzione di migliorare il lavoro dell’avvocato che potrebbe incentrarsi con maggior profitto sulle cause di cui è patrocinatore.

Sapere fin dall’inizio se una causa avrà esito positivo o negativo nei confronti di un cliente può rivelarsi un incentivo ulteriore per la propria attività. Vediamo insieme come.

Dall’esperimento citato sopra emerge che l’avvocato ha un’attendibilità minore rispetto ad un software perché il primo valuta, in riferimento ad una causa, prevalentemente gli elementi legali. Quelli che, in gergo, verrebbero chiamati cavilli.

Il programma include invece fattori non legali che spesso vengono presi in considerazione dai giudici nella decisione di una causa. La ridotta attendibilità dimostrata dall’esperimento può essere letta in diverso modo e non necessariamente come la scommessa di vincere o perdere una causa.

Un avvocato potrebbe sbagliare l’ammontare esatto di un risarcimento, o gli anni di galera di un reo confesso. Per questo c’è un margine di differenza fra quanto prospettato dalla mente umana e quanto da una macchina informatica.

Sapere fin dall’inizio come finisce una causa potrebbe essere un incentivo per studiare bene i documenti, impostare una difesa mirata, giocare d’anticipo con le prove per far si che il risultato venga ribaltato. Perché l’esito anticipato di una sentenza deve essere motivata, deve fornire le ragioni di fondo che hanno portato a quella soluzione.

L’intelligenza artificiale non può sostituirsi al lavoro di un avvocato perché la legge tutela le persone con la previsione di una figura ad hoc nei processi, il cui compito sarà quello di far si che la legge venga applicata in maniera adeguata.

Gran parte degli orientamenti giurisprudenziali provengono proprio dalla capacità difensiva degli avvocati: se un professionista trova le giuste motivazioni per difendere il cliente, il giudice deciderà secondo il proprio libero convincimento.

Ed infine. L’avvocato nasce per assistere le persone e diventare un appiglio non soltanto in merito alle cause. Egli è dottore in legge, e come tale esperto di diritto. Qualora l’intelligenza artificiale dovesse sostituirsi all’avvocato, sapere fin da subito chi vince e chi perde andrebbe a vanificare il lavoro del giudice.

Una figura obbligatoria prevista dalla costituzione.

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