La notifica della sentenza al Domicilio Digitale altrimenti è nulla

In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del cd. “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, previsto dall’art. 16 sexies del D.L. n. 179 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere – ai sensi dell’art. 82 del R.D. n. 37 del 1934 – alle comunicazioni o alle notificazioni, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite.

Anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

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Cos’è il domicilio digitale?

Il domicilio digitale è un indirizzo di posta elettronica sicuro attraverso il quale i cittadini possono ricevere le comunicazioni ufficiali della pubblica amministrazione.

Il 24 giugno 2014 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale, il Decreto Legge n. 90 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”. Le norme contenute nel titolo IV del citato decreto hanno apportato significative modifiche alla normativa del processo civile telematico.

Già nel 2010 si era cercato di semplificare il rapporto tra la pubblica amministrazione e i cittadini, con la creazione della Cec-Pac, ovvero la posta elettronica certificata gratuita per le comunicazioni tra cittadini e PA.

Con il D.L. n. 90 del 2014, il Governo ha provato a rendere più semplice e immediata la comunicazione tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino, istituendo il domicilio digitale.

L’art. 52 del decreto legge aggiunge l’art. 16-sexies al D.L. n. 179/12, il quale dispone che: “salvo quanto previsto dall’articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia (INIPEC e REGINDE)”.

Per ottenere il domicilio digitale il cittadino dovrà comunicarlo alla Pubblica Amministrazione. Per comunicare il proprio domicilio digitale sarà necessario utilizzare lo SPID o la Carta Nazionale dei Servizi.

Chi, invece, ha già a disposizione un indirizzo di Posta Elettronica Certificata non dovrà fare alcunché: verranno presi gli indirizzi presenti dall’Ini-Pec e trasferiti nella piattaforma che raccoglie i domicili digitali.

Inoltre, il domicilio digitale, oltre ad essere un servizio aperto a tutti i cittadini, è completamente gratuito.

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Cosa dice la Cassazione sul domicilio digitale?

A seguito dell’introduzione del domicilio digitale (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-sexies, modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114), non è più possibile procedere alle comunicazioni e alle notificazioni presso la cancelleria.

Le uniche eccezioni sono rappresentate dai casi in cui il legale non abbia eletto domicilio nel Comune in cui ha sede l’ufficio procedente e abbia un indirizzo di posta elettronica certificata non funzionante per cause a lui imputabili.

In applicazione del principio sopra trascritto, la Corte di Cassazione, con la decisione n. 17048 del 11 luglio 2017, ha ritenuto nulla la notifica della sentenza d’appello eseguita presso la cancelleria della Corte d’Appello, posto che la stessa doveva essere notificata alla PEC del destinatario risultante dal REGINDE o da INIPEC.

Alla nullità della notificazione segue l’inidoneità della stessa a far decorrere il termine di impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c., con la conseguenza che il ricorso proposto dalla ricorrente prima della scadenza del termine “lungo” previsto dall’art. 327 c.p.c. deve essere considerato tempestivo.

Una vicenda presa in esame

Tale precisazione trae origine da una controversia avente ad oggetto il pagamento di alcuni canoni e dei relativi interessi per la locazione di un capannone industriale.

Il locatario era risultato soccombente in appello e si era determinato a ricorrere in Cassazione per tentare di far valere i propri diritti. Il controricorrente, però, aveva eccepito la tardività dell’impugnazione, individuando la decorrenza iniziale del termine per provvedervi nel giorno della notifica della sentenza di appello, fatta in cancelleria alla luce dell’omessa elezione di domicilio della controparte nel Comune dell’ufficio procedente.

Il controricorrente riteneva e sosteneva che il ricorso per Cassazione fosse stato notificato a termine ormai scaduto posto che:

  • La sentenza d’appello era stata notificata presso la cancelleria della Corte d’appello di Milano in data 11 giugno 2015.
  • Il termine per proporre ricorso per cassazione doveva considerarsi scaduto il successivo 10 settembre.
  • Il ricorso era stato effettivamente notificato in data 22 ottobre 2015.

Aggiungeva il controricorrente che, la notificazione presso la cancelleria si era resa necessaria e pertanto giustificata, considerando che l’attuale ricorrente nel giudizio di appello non avrebbe effettuato elezione di domicilio alcuna e che l‘indirizzo di posta elettronica certificata del difensore era indicato solamente quale recapito per le comunicazioni di cancelleria ma non anche per le notificazioni.

La società ricorrente sosteneva, invece, che la controparte non avrebbe potuto notificare la sentenza presso la cancelleria della Corte d’Appello, avendo l’onere di procedere alla notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante in atti.

Per la Corte di Cassazione tale eccezione non merita accoglimento: la notifica della sentenza di secondo grado, eseguita presso la cancelleria della Corte d’appello, è nulla e inidonea a determinare la decorrenza del termine breve per l’impugnazione.

Pertanto, essendo infondata l’eccezione sollevata dalla controricorrente, la Suprema Corte, ha ritenuto assolutamente tempestivo il ricorso per cassazione notificato nel rispetto dei termini di cui all’art. 327 c.p.c.

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Dentro, domicilio digitale, fuori cancelleria

L’introduzione del domicilio digitale fa si che, se il destinatario della notifica non ha eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, il difensore dovrà notificare la relativa sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve, non in cancelleria, ma alla PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi e quindi da INIPEC o dal REGINDE.

Bisogna inoltre considerare che, anche in assenza della norma sul “domicilio digitale”, seppur ricorrerebbero le condizioni in forza delle quali la ricorrente avrebbe dovuto considerarsi domiciliata ex lege in cancelleria, non può non considerarsi che l’articolo 82, comma 2, del Regio Decreto n. 37 del 1934, deve raccordarsi con la disciplina del domicilio telematico e delle notificazioni a mezzo PEC.

E alla luce delle recenti innovazioni legislative, attualmente ogni avvocato è munito di un proprio domicilio digitale, conoscibile dai terzi attraverso INI-PEC. Esso corrisponde con l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza e, da questo, al Ministero della giustizia.

Di conseguenza, può pacificamente concludersi che l’ambito applicativo dell’articolo 82 r.d. n. 37 del 1934 è oggi notevolmente ridimensionato e che, la domiciliazione ex lege in cancelleria, è ora limitata ai soli casi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario.

Quando invece l’indirizzo PEC è disponibile, l’elezione di un domicilio fisico nel Comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario incaricato della causa è irrilevante e, quindi, le notificazioni o le comunicazioni presso la cancelleria sono vietate.

Residua, tuttavia, un ristretto margine di applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82: nelle ipotesi in cui l’uso della PEC è impossibile per causa non imputabile al destinatario. In tale ipotesi, le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni degli atti vanno effettuate nelle forme ordinarie, ai sensi degli artt. 136 ss. c.p.c.. Solamente in tale eventualità assume rilievo – ai fini del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 cit., comma 2, – l’omessa elezione del domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario.

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