Danno non patrimoniale, tutto quello che devi da sapere

Il danno non patrimoniale è al centro di differenti dibattiti sollevati sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.

Punto nevralgico è l’assenza di elementi univoci che vadano a cristallizzare, una volta per tutte, il significato di danno biologico, danno morale e danno esistenziale.

Se da un lato molte persone hanno giocato proprio sull’insufficienza di norme precise per lucrare sul risarcimento, attualmente l’orientamento normativo sembra stringere molto il raggio d’azione.

Qual è lo scopo di tutto ciò? Evitare richieste ingiustificate per danni che non necessitano di ristoro.

Ma cos’è il danno non patrimoniale? Quali sono i riferimenti giuridici e cosa dice la giurisprudenza a riguardo? Scopriamolo insieme.

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Danno non patrimoniale: quali sono le principali fonti legislative?

La disciplina del danno non patrimoniale è individuata principalmente dall’art. 2059 del cod. civ., che dice una cosa basilare sia per gli avvocati che per i giudici: il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

La norma in questione sembra dire tutto e nulla, ma pone un principio fondamentale, ovverosia se non esistono leggi che prevedono espressamente quando il risarcimento è dovuto non è possibile riconoscere alcun tipo di ristoro per chi subisce un danno non patrimoniale.

E tale assunto è stato per lungo tempo la linea guida di molte decisioni. Il perché si rinviene in un altro articolo del nostro ordinamento, il 185 del cod. pen. .

Secondo tale norma ogni reato che abbia cagionato un danno non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. Una previsione così lapalissiana ha fatto si che il risarcimento avrebbe dovuto aversi solo nel momento in cui ci fosse stata una condotta riconducibile ad un’ipotesi di reato.

Qualora non si fosse commesso alcun delitto o contravvenzione non sarebbe stato ammissibile nessun ristoro al di fuori del danno patrimoniale.

Ciò in quanto mentre per i danni patrimoniali extracontrattuali esiste una norma completa (l’art. 2043 del cod. civ.), il rinvio dell’art. 2059 cod. civ. rendeva restrittiva ogni tipo di interpretazione della normativa penale.

Nel corso del tempo, però, si è dato maggior peso a tutto ciò che ha a che fare con la morale, la salute e la dignità dell’essere umano. Ed è per tale ragione che si è aperta la strada ad un’interpretazione che ha dato vita ai cosiddetti danno morale, danno biologico e danno esistenziale.

E a prestare il fianco sono state altrettante leggi e numerose sentenze della Cassazione che nel corso del tempo hanno cercato di inquadrare al meglio il significato di danno non patrimoniale.

Si parte dagli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, i quali individuano rispettivamente il danno non patrimoniale per lesione di non lieve entità ed il danno patrimoniale per lesioni di lieve entità.

Con riferimento al 138 abbiamo una nozione esatta di danno biologico, consistente nella lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito.

Segue il danno esistenziale che, secondo un’interpretazione comune accettata sia da dottrina che da giurisprudenza, trova fondamento normativo direttamente nella Costituzione. L’art. 2059 che rinvia ai casi espressamente previsti dalla legge è ampiamente soddisfatto se si pensa all’esistenza come a tutti quei diritti espressamente o implicitamente riconosciuti dalla Costituzione.

E un danno esistenziale potrebbe aversi nella lesione del diritto alla famiglia, del diritto al lavoro, del diritto ad una retribuzione, del diritto allo studio, ciascuno nelle varie accezioni riconosciute fino ad ora (ad esempio il diritto del disabile a svolgere mansioni lavorative consone allo stato di salute, il diritto del ragazzo a conoscere l’identità del proprio genitore, ecc…)

Infine il danno morale, identificato univocamente come la sofferenza subita dalla persona a seguito della commissione di un illecito. L’illecito è riconducibile alla violazione di una norma che contempla un diritto, ragion per cui oggi è ammesso il risarcimento per danni morali anche in capo alle società di persone ed alle società di capitali.

Certo, gran parte degli orientamenti giuridici propendono per il patema d’animo e la sofferenza psicologica, ma il danno morale si differenzia dal danno esistenziale perché quest’ultimo si configura come un pregiudizio legato a tutte quelle attività che consentono ad una persona di potersi realizzare.

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Danno non patrimoniale: differenze con il danno patrimoniale

Del danno patrimoniale esiste una giurisprudenza e una dottrina abbastanza consolidate. Sicuramente esso differisce dal danno non patrimoniale per la possibilità di quantificare con maggiore semplicità la perdita subita. Non a caso con danno patrimoniale si intende, ad esempio, il lucro cessante, ossia il mancato guadagno dipendente dalla lesione subita.

Ma anche il danno emergente, inteso come la perdita patrimoniale subita dalla vittima. Una persona che subisce un incidente sul lavoro non solo affronta delle spese per la guarigione, ma potrebbe perdere la capacità lavorativa e assentarsi dal lavoro per moltissimi giorni. In questo caso danno emergente e lucro cessante camminano di pari passo.

Per la quantificazione del danno non patrimoniale la strada è tortuosa, per l’assenza di indici che aiutano a stabilire l’ammontare del risarcimento. Nel danno biologico, ad esempio, esistono le cosiddette tabelle individuate sia dal Codice delle Assicurazioni (agli artt. 138 – 139), sia dai tribunali(quelle maggiormente accreditate sembrano essere le tabelle fornite dal Tribunale di Milano).

I parametri suddetti individuano punteggi e percentuali di invalidità da cui dipenderà il calcolo del risarcimento.

Difficile è, invece, la determinazione del danno morale il cui ammontare non dipende da criteri prestabiliti. Secondo la Cassazione (sent. n. 21939/2017) si parla di personalizzazione del danno,ovverosia di una liquidazione forfettaria basata sulla singolarità dell’esperienza di vita individuale, sugli aspetti emotivi e sulla valorizzazione degli aspetti funzionali.

Nel caso di specie si trattava di una invalidità di non poco conto subita a seguito di un incidente stradale: l’impossibilità di utilizzare il corpo come di desueto configura di per sè un danno non patrimoniale.

La personalizzazione dipende quindi dal tipo di lesione, dal valore che la persona dà al diritto violato e da una serie di circostanze impossibili da individuare a priori.

La Cassazione fin dal 2008 (con sent. n. 26972/2008) aveva introdotto il principio della personalizzazione, che è andato consolidandosi nei successivi dieci anni.

Stesso discorso vale per il danno esistenziale: l’assenza di parametri specifici rende il risarcimento impossibile da definire in maniera univoca. Anche in questo caso è intervenuta la Cassazione che, a Sezioni Unite, afferma la risarcibilità del danno esistenziale in via autonoma (sent. n. 21059/2016).

La sentenza citata è una miniera d’oro in tema di principi. Spiccano infatti:

  • il principio secondo cui tutte le voci di danno non patrimoniale vanno risarciti se provati in sede di giudizio.
  • il danno esistenziale è autonomamente risarcibile, quando la sofferenza si evolve trasformandosi in pregiudizio per gli aspetti relazionali della vita.
  • la quantificazione del risarcimento (per stabilire se esso sia sovrastimato o sottostimato) avviene tenendo conto dell’effettivo pregiudizio, non del nome attribuito al tipo di danno (se danno morale, biologico o esistenziale).
  • per il danno non patrimoniale si prendono in considerazione le ripercussioni che la lesione ha nella vita e nell’esistenza della persona.

Emerge quindi una fattispecie ben più complessa la cui determinazione è devoluta al giudice (di primo grado, d’appello o di Cassazione, a seconda del grado di giudizio) che dovrà analizzare diversi aspetti per la definizione del risarcimento.

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Danno non patrimoniale: punti in comune con il danno patrimoniale

Sicuramente il punto in comune del danno non patrimoniale e del danno patrimoniale è il diritto ad ottenere un risarcimento sulla base di una lesione subita.

Nonostante nell’uno prevalga un danno non immediatamente riconducibile alla sfera economica come avviene nell’altro, in entrambi i casi il risarcimento è riconosciuto proprio in virtù di una o più circostanze negative subite dalla vittima.

È possibile che un solo illecito configuri sia il danno patrimoniale, sia il danno non patrimoniale: si pensi ad un sinistro stradale con gravi conseguenze psicologiche per la vittima. Il danno patrimoniale sarà risarcito sulla base di quanto pattuito in sede di assicurazione, comprendendo quindi i danni al veicolo, i danni fisici (con conseguente convalescenza e riabilitazione), i giorni di assenza dal lavoro (lucro cessante).

Poniamo il caso che la vittima resti invalida e da tale conseguenza ne deriva una forte ripercussione psicologica. Egli non esce più per via della vergogna che prova nel girare in carrozzella, ha forti problemi relazionali con il partner, non ha più quella motivazione che lo spingeva a vivere a pieno la vita.

Danno patrimoniale e danno non patrimoniale possono essere riconosciuti anche alle persone giuridiche, ossia alle società di capitali. Se il danno patrimoniale è facile da stabilire (si immagini un’azienda che subisce un furto da parte di un dipendente, o che si ritrova coinvolta in uno spionaggio industriale per attuare la concorrenza sleale), difficile diventa quantificare il danno non patrimoniale.

Sicuramente gran parte delle volte emerge il cosiddetto ”danno all’immagine” come conseguenza di un illecito da cui derivi la compromissione della credibilità dell’impresa sul mercato. Un’azienda che viene diffamata perché, ad esempio, utilizza prodotti non conformi alle normative europee (rivelandosi poi falsa la notizia), può perdere una fetta di mercato a prescindere dalle ripercussioni in termini di guadagno e profitto.

La giurisprudenza propende, in caso di persone giuridiche, nella determinazione del danno non patrimoniale senza scendere nel dettaglio del danno morale (quello biologico e l’esistenziale non possono configurarsi).

Anche un’azienda può provare vergogna, rabbia e frustrazione a seguito di una notizia che ne diffami la reputazione, come potrebbe subire una lesione non patrimoniale dagli atti di concorrenza sleale.

Non è necessario, quindi, subire un decremento patrimoniale per ottenere ristoro, quanto invece sarebbe necessario che l’azienda dimostri di aver subito un danno immateriale.

Le medesime regole si applicano anche alle società di persone prive di autonomia patrimoniale come le società di capitali, ed in entrambi i casi la dottrina ha una visione convergente: qualora l’azienda proceda per i danni immateriali è bene specificare che si richiedono i danni non patrimoniali.

Ciò in quanto nel corso degli anni la giurisprudenza ha fornito diverse nozioni di danno morale in tema di società.

Per evitare di perdere ogni tipo di causa sarebbe meglio optare per una nozione onnicomprensiva, quale appunto quella dei danno non patrimoniale.

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Danno non patrimoniale e reato: aspetti principali

L’art. 185 del cod. pen. riconosce alla vittima di un reato la possibilità di ottenere il risarcimento per danni non patrimoniali a seguito di un reato. Siamo nell’ambito della costituzione di parte civile,un’azione dipendente dal processo penale ma volta ad ottenere ristoro dall’illecito subito.

La disciplina dell’azione civile è disciplinata dagli artt. 74 e ss del cod. pro. pen. da cui si ricavano importanti principi:

1. la parte civile può essere la stessa vittima, ma anche i suoi successori universali, identificati generalmente nei familiari.

2. l’azione di risarcimento può essere promossa sia in sede civile che, alternativamente, in sede penale. È esclusa la contemporaneità.

3. il favor separationis consente all’avente diritto di astrarre l’azione civile dal processo penale per delegarla al giudice civile.

4. è necessario rispettare i termini e le regole previsti dalla legge per esercitare legittimamente l’azione civile.

La costituzione della parte civile produce i suoi effetti in ogni ordine e grado del processo di riferimento. Ciò significa che la costituzione rimane tale in ogni sede, anche in appello e nel ricorso in Cassazione.

Un reato (sia esso un delitto o una contravvenzione) può produrre dei danni sia patrimoniali, sia non patrimoniali. Si pensi ad una lesione fisica provocata a seguito di una violenza, da cui deriva l’impossibilità di svolgere le normali mansioni.

La deturpazione del volto può configurare danni esistenziali, oltre che biologici e morali, come avviene anche in una violenza sessuale da cui derivi un pregiudizio negativo nell’ambito delle relazioni affettive.

Anche le società (di persone e di capitali) possono subire un danno non patrimoniale a seguito di una condotta penalmente rilevante. Un esempio fra tutti potrebbe essere la contraffazione di un marchio o di un prodotto di identificazione regionale realizzato con materie prime scadenti e ben differenti dalle originali.

Il danno patrimoniale è facilmente determinabile, mentre il danno non patrimoniale potrebbe riguardare l’immagine dell’impresa, ma anche la reputazione e la sfera concorrenziale. Di solito quando si parla di aziende e di danno non patrimoniale il nesso immediato è al reato di diffamazione, ma esistono numerose condotte penalmente rilevanti che potrebbero causare danni immateriali all’impresa in questione.

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