Telefonia: condanna ai gestori per l’attivazione di servizi non richiesti


Capita frequentemente di trovare sulla bolletta del nostro contratto telefonico, delle voci riferite a servizi mai richiesti. Quello che succede, seppur non corretto, è molto semplice, ed è una pratica molto diffusa tra le compagnie telefoniche

Capita frequentemente di trovare sulla bolletta del nostro contratto telefonico, delle voci riferite a servizi mai richiesti.

Quello che succede, seppur non corretto, è molto semplice, ed è una pratica molto diffusa tra le compagnie telefoniche: si attiva un servizio premium, dal costo di pochi euro o a volte pochi centesimi a settimana mediante una semplice pressione involontaria su un link nascosto in una pagina web visualizzato tramite smartphone, e senza rendersi conto della cosa.

Il consumatore, però, vede diminuire il suo credito, e quindi inizia tenta di procedere alla disattivazione e al rimborso, anche tramite chiamate al proprio gestore, al fine di evitare che ciò posa accadere in futuro, gestori che non sempre si dimostrano disponibili a risolvere il problema.

Così dal Giudice di Pace di Lecce, è arrivata una ferma e decisa condanna a questa pratica scorretta.

LEGGI ANCHE: Privacy e consenso dei dati personali via email ed sms

Giudice di Pace di Lecce condanna gli operatori

Giudice di Pace di Lecce condanna gli operatori

Nel caso al vaglio del Giudice di pace, il gestore telefonico aveva addebitato all’utente alcune somme che andavano sotto la voce di: “traffico a consumo extrasoglia”, “internet sotto rete 3”, “gettoni extrasoglia internet”, “contenuti portale 3”, inoltre in bolletta si riscontravano anche una serie di abbonamenti attivati senza il consenso (quali ad esempio Emcube, Hotgirls, Mobile pay ecc).

Così, gli utenti - tutti titolari di un contratto in abbonamento con il gestore telefonico H3G – resisi conto di subire un esborso ulteriore rispetto a quello originariamente previsto dal contratto per la connessione ad internet e la linea voce, presentavano ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere il recupero di quelle somme in più addebitate in fattura.

La compagnia telefonica, ottenuto il decreto ingiuntivo da parte del consumatore, notificava nei termini relativo atto di opposizione instaurando, così, un giudizio ordinario, nel quale sosteneva la liceità delle somme e la volontarietà degli addebiti.

Tuttavia, il Giudice di Pace di Lecce, in tre giudizi successivi, ha confermato il decreto ingiuntivo in favore del consumatore.

E nel dispositivo della prima sentenza si legge che, “il contratto sottoscritto dall’utente non dà in alcun modo la possibilità di avvedersi chiaramente dei termini economici riguardanti tali servizi”, “né il gestore, ha dimostrato in alcun modo di aver chiaramente informato il consumatore su tutti i termini del contratto sottoscritto, né ha provato l’adesione dei servizi extra, né l’effettivo superamento della soglia fissata per il traffico telefonico”.

In altri termini, il gestore si è comportato in violazione dei principi di buona fede e correttezza contrattuale ex art. 1175 cod. civ.

Ancora, nella seconda e nella terza sentenza, il Giudice di Pace, recependo le argomentazioni dei ricorrenti, afferma anche che “è onere del gestore telefonico dimostrare che il cliente ha realmente e consapevolmente effettuato in maniera volontaria e consapevole la mole di traffico telefonico fatturato, giacché si deve adoperare per tutelare gli interessi del suo cliente e di consentirgli di monitorare con esattezza la spesa sostenuta, anche con appositi sistemi di allerta”.

Matteo Migliore - Fondatore di LEGALDESK

Mettiti in contatto su LinkedIn

Clicca su Mi piace!


Categoria

Notizie


ARTICOLI CONSIGLIATI