Quella che vorrei sollecitare oggi è una riflessione: che relazione c’è o potrebbe esserci tra i Millenial lawyers e le Legaltech? Indifferenza, commistione, concorrenza o integrazione?
Iniziamo dalle definizioni
intendiamo qui per Millenial lawyers gli avvocati “giovani”, nati in epoca di piena transizione digitale, diciamo dal 1990 (tecnicamente i Millenial sarebbero i giovani nati dal 2000 in poi); per Legaltech intendiamo le start up innovative che lanciano piattaforme digitali disruptive in ambito legale:
- o perché “offrono” servizi legali a costi prevedibili (almeno al primo contatto);
- o perché promuovono l’incontro “trasparente” tra domanda ed offerta, creando marketplace nuovi;
- o perché suggeriscono un cambiamento in termini di efficienza nel modo di gestire l’attività professionale.
Possiamo inserire in questa ultima categoria i gestionali di studio più avanzati, ma anche i software di Intelligenza artificiale per la due diligence dei documenti, per le ricerche giurisprudenziali e quelli più spinti, per il calcolo probabilistico sugli esiti di certe controversie. Non parliamo poi degli smart contract, che sono contratti basati sulla tecnologia blockchain che si auto- eseguono tanto che qualcuno già parla di E-codex, l’algoritmo legislatore, per intenderci in maniera molto sintetica.
Com'è la situazione in Italia?

Siamo in Italia, quindi il fenomeno legaltech è al momento molto (e drammaticamente) limitato.
Basta leggere l’ultimo articolo di Riccardo Luna, già direttore di Wired Italia e ora direttore di Agi, su D-Uomo di questa settimana per farsi un’idea di come il mondo delle start up giovanili in genere mostri la corda a causa di una sostanziale solitudine.
In Italia non ci sono neanche dei dati ufficiali sul numero di legaltech. Non arrivano comunque ad una decina mentre nel Regno Unito sono aumentate da 50 a 64 nell’ultimo anno.
Con i loro “servizi” a basso costo rappresentano un marketing alternativo per i Millenial lawyers? La risposta positiva fa parte della vulgata comune. Quanto volte avete sentito allarmi e letto rapporti che hanno annunciato la “morte” delle professioni tradizionali a causa dell’avvento della robotica, della intelligenza artificiale etc etc?
Senza voler e poter essere esaustivi in questa sede (sono temi su cui sarà necessario tornare anche perché presentano diverse sfaccettature non ultima quella degli investimenti necessari), per dare una prima risposta a cui crediamo riprendiamo la posizione dell’Avvocatura europea. Il Ccbe, la rappresentanza degli Ordini forensi europei, che sembra essere un po’ più sensibile a questi temi di quanto non siano le istituzioni forensi italiane, nel suo rapporto E-volving lawyers, suggerisce chiaramente agli avvocati – anche Millenials, una strategia d’attacco:
“It is up to them (gli avvocati, ndr) to invent a new way of delivering legal services, which will ensure everyone’s access to law and justice, while providing guarantees of their competence and deontology”.
Insomma :
"Gli avvocati cambiano. Le tecnologie messe in campo dai nuovi providers di servizi legali non sono riservate a quest’ultimi e possono ben essere realizzate anche dagli Avvocati in carne e ossa”.
A patto, come sempre, che sappiano innovare! E, perché no, piegare alla propria creatività giuridica i più potenti mezzi della tecnologia digitale.