Approcciandomi a scrivere uno dei (tanti) articoli sulla tecnologia cloud per gli studi legali, mi è venuta in mente una domanda: "ma chi è che l’ha inventata?” (sono sempre più affascinata dalla storia della scienza e…vabbè non divaghiamo…).
Bene, la risposta è stata sorprendente: un avvocato.

Per di più italiano e per di più del Sud (Manfredonia, Puglia): Agostino Sibillo. Avvocato in Italia, ha preso la seconda laurea in ingegneria negli Usa e ha depositato 18 brevetti, tra cui quello per il cloud. Curioso vero? Uno strike per i luoghi comuni. A iniziare dal pregiudizio per il quale l’avvocato non ha testa e tempo per la tecnologia.
Questa non è l’unica cosa curiosa nella storia del cloud, perché la seconda è che il cloud è “figlio delle stelle”. E’ una tecnologia nata nell’ambito della ricerca scientifica (per condividere innumerevoli risorse di calcolo tra enti e paesi diversi) e poi ha trovato una piena realizzazione europea grazie al Cern ed al suo Large Hadron Collider (l’acceleratore delle particelle e del Bosone di Higgs).
Per quel progetto sono stati collegati più di 50mila server, che oggi sono oltre 300mila. Da lì l’Unione europea ha finanziato il progetto Enabling Grid for E-science per una infrastruttura informatica.
Dalla scienza, alla fine degli anni ’90, si è passati all’utility computing per il business e il consumer.
Un esempio facile facile: i servizi offerti da Google (la mail, Google Analytics, Google drive etc..) sono tutti in cloud.
La tecnologia e i legal pregiudizi da sfatare

E’ vero, la categoria forense non è tra quelle più “smart” (ce lo dicono i dati); ma è solo una questione di testa (spesso di pigrizia). Perché sono sempre di più i legali che negli ultimi anni hanno deciso di utilizzare questa forma di tecnologia on demand per l’organizzazione della propria attività.
Un’ analisi dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione del Politecnico di Milano realizzata per Altalex ha verificato che negli ultimi cinque anni dal 3% di studi migrati sul cloud si è passati al 36% e, tra questi, il 15% ha spostato completamente o quasi la propria attività sulla nuvola (romanticamente detta, visto che il cloud è un’infrastruttura fisica a tutti gli effetti!).
Più di recente e in generale, sempre il Polimi nell’ambito dell’Osservatorio Cloud & ICT as a service ha misurato in un 18% la crescita del cloud nell’ultimo anno per le aziende. Il settore sfiora i 2 miliardi di euro. I comparti manifatturiero (24%) e bancario (20%) sono i big spender, seguiti da telco e media (15%) e utility oil & gas (10%), altri servizi (10%). Completano il quadro PA e sanità (8%), grande distribuzione (8%) e assicurativo (5%).
Arrancano ancora le Pmi, anche se gli analisti ritengono che il piano di sviluppo strategico del governo per la banda larga rappresenta il superamento di una barriera importante per le aziende più piccole.
Sempre nell’ultimo anno da una parte è avvenuto il consolidamento dei servizi applicativi fruiti in modalità SaaS come LEGALDESK (+23% per servizi di office automation, posta elettronica , e-learning. Firma digitale), complice una diffusione massiccia sviluppata nel corso degli ultimi anni; dall’altra un arricchimento dell’utilizzo dei servizi infrastrutturali, che si stanno progressivamente spostando nella direzione delle piattaforme (PaaS) come i database e data service ed i servizi a supporto dello sviluppo mobile e web.
Fra i servizi infrastrutturali (IaaS), nonostante il tasso di crescita più contenuto (+20%) si segnala un’ulteriore diffusione dei servizi rispetto al 2016, con l’ambito della continuity & disaster recovery in testa (20%) nelle intenzioni di investimento.
E tu? Di che cloud sei?