"Nessun mortale può mantenere un segreto: se le labbra restano mute, parlano le dita". Così parlava il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, nei primi decenni del '900.
Egli già allora era convinto che nella comunicazione interpersonale non fossero importanti solo i discorsi fra uno o più individui ma anche le parole non dette. Quella che viene generalmente identificata come comunicazione non verbale.
L'importanza delle parole non dette

Prima di Freud, tuttavia, Cesare Lombroso aveva già delineato il concetto di uomo delinquente, ovvero di quella persona che fin dalla nascita, conserva in sé la fisionomia di una personalità ingannatrice e menzognera.
Concezione questa di Lombroso che oggi non è del tutto convalidata, ma che in campo criminologico resta comunque un punto riferimento nello studio degli indizi corporei associati più frequentemente a una dichiarazione falsa.
Del resto, come ben sai, una delle esperienze soggettive più delicate per un avvocato è quella di porsi di fronte al proprio cliente e cercare di comprendere attraverso il suo modo di comunicare la realtà dei fatti. E per modo di comunicare intendiamo proprio la maniera in cui il soggetto si esprime non solo attraverso le parole ma anche con la gestualità, l'espressione, il tono della voce, etc.
Dietro a questi segnali si nasconde un mondo parallelo di messaggi non verbali che, a un’attenta analisi, si può cogliere in maniera più palese.
Di seguito, ti spiegheremo quanto sia importante quest'aspetto della comunicazione nel rapportarsi con un cliente e quali sfumature vadano colte nel suo modo di esporsi con te.
Inoltre per approfondire l'argomento consiglio la lettura dell'articolo dello psicologo e psicoterapeuta Flavio Cannistrà sulla comunicazione non verbale.
Il potere della comunicazione non verbale
Tra i molti studiosi che portarono il loro contributo alle modalità di comunicazione, è interessante la teoria dello psicologo statunitense Albert Mehrabian.
Sul finire degli anni '60, il Prof. Mehrabian condusse delle ricerche mirate a individuare l’importanza che hanno i diversi aspetti della comunicazione nel trasmettere un determinato messaggio.
Dalle sue indagini è emerso che il modo in cui comunichiamo è influenzato da:
- 55% comunicazione non verbale (mimica facciale, gestualità e postura).
- 38% comunicazione paraverbale (ritmo, volume e tono della voce).
- 7% comunicazione verbale (contenuto verbale).
Da quanto descritto (e confermato da altre ricerche successive), risulta evidente - se non di primaria importanza - quanto sia utile per un avvocato saper cogliere le tante sfumature della comunicazione non verbale.
Prima di procedere, però, dobbiamo fare una doverosa precisazione perché lo slogan "Non importa cosa dici, ma come lo dici" è vero solo in parte e ora scopriremo il perché.
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Comunicazione non verbale e psicologia del linguaggio corporeo
Gli studi di Mehrabian hanno prodotto due effetti principali: non solo tali ricerche hanno spinto alcuni psicologi ad approfondirne l'argomento ma hanno anche incitato i meno "attenti" a prenderne solo gli aspetti più superficiali.
In effetti, a un'analisi più attenta, è evidente come i dati raccolti dallo psicologo statunitense vadano in conflitto con i principi basilari della psicologia sul linguaggio del corpo. Mehrabian tuttavia non era affatto uno sprovveduto e sapeva benissimo che le percentuali da lui descritte andavano contestualizzate in un ambito preciso.
Egli infatti volle chiarire immediatamente che queste proporzioni del linguaggio non verbale sono vere solo ed esclusivamente quando vogliamo comunicare atteggiamenti e sentimenti.
Per semplificare il concetto è sufficiente fare un piccolo esempio pratico. Se ti chiedono se stai bene e tu rispondi in modo affermativo, anche se il tuo volto è triste e gli occhi puntano verso il basso, allora è naturale che ci sia qualcosa che ti turba e che la tua giornata non sta andando proprio per il verso giusto.
A questo punto, è lecito chiedersi se questi fattori non verbali siano da considerarsi più veritieri del tuo "va tutto bene". La risposta è sì e, anche se può sembrarti un po' scontato,
Mehrabian ha voluto dimostrare in maniera rigorosa e scientifica questa particolare sfumatura del linguaggio non verbale.
La psicologia, infatti, si occupa spesso di rendere palese in via sperimentale ciò che abbiamo sempre supposto o in linea di massima riscontrato sulla base della nostra esperienza.
Un po' di chiarezza sulla comunicazione non verbale: gli indizi

Gesti delle mani, silenzi, atteggiamenti di chiusura e apertura, sguardi, sorrisi, posture, la scelta di un certo tipo di abbigliamento, il luogo in cui svolgere un determinato compito, la tua automobile.
Tutto questo (e molto altro) parla di te e porta un contributo non trascurabile alla comunicazione. Ciò significa che questi particolari della comunicazione non verbale sono in grado di squalificare o di rafforzare l'efficacia di un messaggio e pertanto incidere sul raggiungimento di un obiettivo.
Gli ultimi fattori che abbiamo menzionato descritti (come il luogo o l'automobile) sono compresi fra gli aspetti comunicativi legati al contesto, ma comunque hanno la loro importanza.
Per chiarire ancora meglio il concetto, riportiamo un altro esempio. Mettiamo il caso che tu debba concludere un contratto con un'importante azienda: è molto più facile che tu ci riesca arrivando sul luogo dell'incontro con una macchina di lusso e ben vestito invece che su un'utilitaria e indossando un abbigliamento casual.
Ovviamente tutto ciò è reversibile, perché potrebbe anche giocare a tuo favore - in base a ciò che è più consono comunicare - ricevere qualcuno in un posto disadorno e scomodo oppure presentarti al tuo appuntamento con un’utilitaria.
Allo stesso modo, c'è un motivo per cui un avvocato solitamente riceve i propri clienti in un luogo formale e accogliente, anziché in un sottoscala o in un corridoio.
Sembra banale, molto probabilmente lo hai sempre pensato, ma i ricercatori hanno dimostrato che questi effetti della comunicazione non verbale hanno dei fondamenti scientifici.
L'importanza della comunicazione non verbale statica
Di cosa si tratta? La comunicazione non verbale statica - trucchi e accessori, pettinatura, abbigliamento, etc. - è un altro aspetto molto importante del modo in cui ci rapportiamo con gli altri.
Un avvocato quindi non può trascurare tutte le variabili che la compongono se vuole conoscere in modo più approfondito la realtà dei fatti esposta dal suo cliente.
Ad esempio, un medico potrebbe perdere la sua credibilità ed essere inopportuno se decidesse di accogliere i pazienti in ciabatte e bermuda.
Ancora una volta, però, tutto è relativo e va sempre contestualizzato.
Prendiamo ad esempio la Patch Therapy anche conosciuta come "terapia del sorriso". Questo trattamento prevede l'impiego da parte dei dottori di particolari elementi di comunicazione non verbale statica (trucchi appariscenti, naso rosso, abiti larghi e colorati, etc.) proprio per raggiungere benefici terapeutici maggiori.
Com'è complessa la comunicazione non verbale!
E' proprio così: la comunicazione non verbale è una materia molto complessa che coinvolge numerosi aspetti del modo in cui riusciamo a comunicare con il mondo esterno.
Esiste, infatti, oltre all'accezione generica del termine e a quella che abbiamo imparato a conoscere nella sua forma "statica" - anche una comunicazione non verbale dinamica. Questa interessa tutto ciò che riguarda il corpo e che è associata alla comunicazione verbale (gestualità, prossemica, mimica, etc.) ma è talmente ampia da descrivere che sarebbe impossibile racchiuderla in un solo testo.
Basti pensare a quanto tempo gli attori trascorrono a studiarla, proprio per trovare le comunicazioni esatte per il tipo di parte da interpretare, e rendere così più verosimili e incisive le proprie performance.
La comunicazione non verbale nella vita pratica
Le applicazioni di quest’aspetto della comunicazione sono tante ma tutte riconducibili al 1° Assioma della Comunicazione Umana (Watzlawick e colleghi): "Non si può non comunicare".
Questo è il primo dei cinque assiomi della comunicazione e compresi nel libro Pragmatica della comunicazione umana (considerato il testo fondamentale di chi si occupa di questo settore di studi).
Quest’assioma è probabilmente il più importante perché tutto ciò che fai comunica qualcosa all'altra persona: anche se stai in silenzio. Pertanto, se il modo in cui ti comporti invia dei messaggi agli altri, esserne consapevole ti consente di sapere che anche involontariamente stai inviando dei segnali comunicativi.
Se riesci ad arrivare a questa consapevolezza, puoi controllare meglio il tuo modo di comunicare, trasmettendo ciò che intendi davvero trasmettere con maggiore precisione.
Con questa consapevolezza acquisita (con l'esercizio e con le giuste letture), puoi iniziare gradualmente a fare più attenzione non solo ai tuoi comportamenti non verbali ma anche a quelli degli altri. In tal modo, inizierai un lento ma progressivo allentamento nella direzione di una comunicazione molto più efficace.
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Menzogna e comunicazione non verbale
Uno dei campi più interessanti (e anche più spinosi) della comunicazione non verbale è quello della menzogna. La comunicazione, infatti, non è sempre veritiera e onesta: talvolta omettiamo dei fatti importanti, altre volte si mente senza che ce ne rendiamo conto magari per un difetto nel ricordo degli eventi, e altre volte ancora raccontiamo una bugia in modo intenzionale.
Che ci piaccia o no, la menzogna è una componente insita nella vita sociale e abbraccia ogni suo aspetto, dai rapporti affettivi e familiari a quelli lavorativi e giudiziari.
Evidente o mascherata che sia, la menzogna si manifesta attraverso dei sottili segnali sia verbali sia non verbali. Ecco perché diventa necessario per chi esercita la professione forense conoscere come risalire alla realtà dei fatti, non sempre palese da rintracciare con la semplice comunicazione verbale.
Al di là delle parole: attenzione ai "sintomi" della menzogna

La capacità di identificare il falso e riconoscerne i suoi molti modi- per lo più fisiologici - di manifestarsi è di pertinenza di determinate figure professionali quali il poliziotto, l'avvocato, il criminologo, lo psicologo e l'investigatore. Questi sono i professionisti che si trovano spesso di fronte ad una particolare clientela il cui scopo è proprio quello di mentire all’interlocutore.
E' doveroso sottolineare tuttavia la necessità di prestare molta attenzione a un'analisi di questo tipo, sia nelle varie circostanze della vita quotidiana sia nelle indagini forensi, così da evitare errori grossolani di valutazione.
Ad esempio, se stai interrogando un cliente e questi sbatte ripetutamente le ciglia, ciò non significa che vuole ingannarti o sedurti, ma che soffre semplicemente di un fastidio provocato dalla lente a contatto.
Quindi, se stai interloquendo con un soggetto, presta bene attenzione a tutti i suoi segnali verbali e non verbali ma senza lasciarti influenzare da preconcetti. Cerca di essere il più obiettivo possibile e analizza tutte le variabili che hai appreso sia attraverso l'esperienza che grazie ai tuoi studi.
La menzogna, infatti, si può definire come il frutto dell’influenza di molti fattori: caratteristiche personali (età, valori etici, tratti antisociali e psicopatici), fattori situazionali (prevedibilità, utilità, conflitto tra soggetti, vantaggi) e interpretazioni soggettive del destinatario del messaggio (grado di sospettosità, opinioni, capacità di svelamento e pregiudizi).
Quali sono i gesti tipici della menzogna?
Se ti stai chiedendo quali sono i segnali tipici della menzogna che si possono individuare nella comunicazione non verbale con il tuo cliente, di seguito ti riportiamo i più comuni.
Nello specifico, i "sintomi" comportamentali classici di chi sta mentendo sono un aumento abbastanza evidente dei sorrisi e dei gesti adattatori. Questi sono dei segnali particolari quali ad esempio:
- grattarsi il naso.
- sistemarsi il colletto della camicia.
- toccarsi una parte del corpo con l’altra (solitamente, le labbra con la lingua o la bocca con la mano).
- strofinarsi la fronte.
- una maggiore sudorazione.
- la riduzione nella frequenza degli sguardi verso l’interlocutore.
A queste manifestazioni si aggiungono poi quelli che sono chiamati segnali vocali non verbali, quali:
- velocità ridotta dell’eloquio.
- tono di voce più elevato del normale.
- esitazioni
- pause
- silenzi
- ripetizioni
Dal punto di vista della comunicazione verbale, invece, indizi che insinuano il dubbio di una manipolazione da parte del soggetto indagato si riscontrano in un discorso contenente frasi brevi, poco coerenti, prive di riferimenti spazio-temporali e di descrizioni dettagliate.
I contenuti ridotti appaiono accompagnati da un’eccessiva gentilezza nei confronti dell’esaminatore oltre che da un esagerato tentativo di voler collaborare con la polizia per risolvere il caso.
L’esperienza, nonché lo studio attento degli aspetti che solitamente sono indice d’inganno e l’acuta osservazione dei movimenti corporei, rappresentano eccellenti risorse per stabilire la veridicità di una testimonianza.
Per questo motivo, per svolgere al meglio il tuo compito di avvocato è indispensabile essere oltre che degli ottimi ascoltatori, anche degli osservatori scrupolosi e acuti.
Conclusioni
Dopo aver imparato a conoscere gli aspetti della comunicazione non verbale e come questa sia utile nel rintracciare la verità nelle parole di un soggetto, è bene ricordare che una parola o un gesto non sono sempre sintomo d’inganno.
Come già detto, infatti, le tue conoscenze devono sempre essere ricondotte ai fattori ambientali, al contesto socio-culturale, nonché allo stato psico-fisico e alla personalità del tuo cliente.
La presenza dell’Autorità, il ritrovarsi in un’aula di tribunale, il sentirsi sotto esame, rappresentano già di per sé degli elementi ansiogeni che possono alterare le reazioni emotive - e quindi le parole e i gesti - del tuo cliente.
In conclusione va detto che la giustizia italiana non considera una prova i segnali verbali e non verbali di menzogna.
La loro valutazione ad ogni modo può essere utile come stimolo nella conduzione d’indagini più approfondite circa la persona verso la quale sussiste un sospetto